
Non saprei davvero come definire questo scatto. Sicuramente è uno Ius Primae Fotis, l’esordio di una nuova attrezzatura fotografica: nello specifico il vintage Pentacon 4/200. Si tratta di un tele di produzione DDR (German Democratic Republic) diretto discendente (sono praticamente identici) del Meyer Optik Gorlitz Orestegor f/4; la sua caratteristica più importante sono le 15 lamelle del diaframma che permettono un bokeh molto particolare a tuttaapertura. L’ho pagato poco meno di 40 euro e mi è arrivato sabato mattina: nel pomeriggio mi sono piazzato in giardino e ho fotografato la civetta di plastica che dovrebbe impedire l’arrivo di fastidiosi volatili (spoiler: non ci riesce). Non pensavo che già a f/4 potesse essere così nitido: nei prossimi giorni mi cimenterò in qualcosa di più impegnativo.

L’ultimo dell’anno ho deciso per una passeggiata in paese, poco prima del tramonto. Volevo provare il Mir-1B 37 F/2.8 e sono uscito per andare a trovare una vecchia parente. Ho scattato un po’ di street cercando di districarmi con il fuoco manuale e la scarsità di luce, un’impresa, ma devo ammettere che il piccolo moscovita (59×56 per 185 grammi di vetro e acciaio) mi ha sorpreso positivamente. Ha tutti i difetti degli obbiettivi economici d’oltre cortina del secolo scorso, quindi poca nitidezza a tuttaapertura e bordi pastosi a qualsiasi diaframma; inoltre il trattamento delle lenti è quasi inesistente e il rischio di flare e riflessi strani è sempre in agguato soprattutto in presenza di controluce (anche minimo). L’ho distrutto in meno di quattro righe, ma nonostante i problemi di progettazione devo ammettere che le foto sono interessanti e mostrano una certa poesia. Questa è l’ultima che ho scattato poco prima di rientrare, in post ho aumentato la nitidezza e dato un tocco di color grading: non credo mi andrò ad avventurare in stampe di dimensioni enormi, ma la trovo una foto davvero gradevole e con un’atmosfera sovietica tipica del 1958. D’altronde il freddo era molto simile e in principio era la neve.

A Beinette, i ragazzi della parrocchia hanno creato, per Natale, una sorta di cammino magico fra le cappelle del paese. Il percorso fra i presepi è tempestato di stelle dorate di cartone e per i più piccoli il gioco è riuscire a contare quante più stelle possibile. Per l’occasione ho tirato fuori il mio Carl Zeiss Jena Tessar 50mm f/2.8 e sono andato con Alice alla ricerca delle stelle; durante le feste mi torna sempre in mente il vintage. Il Tessar è uno schema ottico sviluppato dalla Carl Zeiss, brevettato nel lontano 1902 su progetto del celebre Paul Rudolph, e poi largamente usato come obiettivo anche in tempi moderni: l’ottica in mio possesso è stata prodotta fra il 1984 e il 1990 in Germania Est. La caratteristica più riconoscibile di questa lente è il celebre bokeh a bolle di sapone, abbastanza visibile nella prima foto; la nitidezza a tuttaapertura non è straordinaria, ma nonostante gli anni e il progetto ottico datato è comunque divertente tornare (per qualche scatto) a fotografare completamente in manuale; sulle mirrorless elettroniche il focus peaking aiuta molto nella messa a fuoco (soprattutto ad ampie aperture) e il gioco risulta davvero semplice. E niente, la scimmia vintage non accenna a lasciarmi in pace. :-)







Ormai è ufficiale. Grazie al focus peaking della EOS R sono entrato nel rutilante mondo delle ottiche vintage; anche perchè mi sono trovato in casa un bellissimo esemplare di Гелиос 58mm 44-3 F/2 MC, quello che comunemente viene chiamato Helios: l’obbiettivo più diffuso al mondo (e forse anche il più economico). L’avevo comprato per una cifra intorno ai 20 euro qualche anno fa insieme alla Zenit 122. E’ un obbiettivo prodotto in diverse versioni intorno agli anni 60: focale 58 tipica di quel periodo (per problemi di luminosità del 50mm), 8 lamelle e 6 lenti in 4 gruppi, copia del più celebre e antesignano Zeiss Biotar del 1930. Quella in mio possesso è la terza versione (ne hanno prodotto 7) con attacco a vite m42 (ho comprato un adattatore K&F Concept) con la caratteristica di essere il primo con il trattamento Multicoating delle lenti (da qui la definizione MC nel nome). Ultimamente è tornato in auge per via di un effetto che viene definito swirly: a tuttaapertura produce uno sfocato a cerchio con dei bokeh morbidi e intriganti. Ci proverò nei prossimi giorni. Intanto grazie alla sempre bellissima Edith ho scattato qualche ritratto in studio: nella prima immagine il fuoco è decisamente preciso, mentre nella seconda ho sofferto di un po’ di front-focus; ma sono le prime prove. Certo, la nitidezza è ancora un’altra cosa, ma ad essere sinceri pensavo decisamente peggio. L’effetto onirico è comunque assicurato da una morbidezza difficilmente controllabile. Ah, la magia del vintage…