
Da subito non ho ben capito l’origine della definizione Zig-Zag, ma devo ammettere che mi ha colpito quell’idea di curve strette e arzigogolate; quando mi sono trovato sul posto ho trovato notevoli difficoltà, perché ho iniziato a intuire il significato del nome in base alle complicazioni fotografiche. Nonostante la bellezza incredibile, questa particolare chiesa abbandonata mi ha lasciato un senso di insoddisfazione dovuto alla stranissima geometria, alle luci decisamente difficili, al senso di percezione cartesiana completamente fallace. Quando si varca la soglia del portone -rispettate la casa di Dio col silenzio e la preghiera- si rimane sopraffatti dal vorticoso susseguirsi di linee, simboli, segni, affreschi, colori. È difficile percepire un’origine, capire il senso fotografico delle luci e delle ombre: mi sono estraniato in modo totale dal tempo e dallo spazio e ho scattato senza riuscire a cogliere (almeno credo) l’entità e la solennità del luogo (forse in un paio di scatti). Ho rispettato con il silenzio, non certo con la preghiera, ma probabilmente non ho rispettato con le immagini questa meravigliosa chiesa dedicata a San Giovanni Battista. E il rispetto è un fattore importante.








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Ho abitato ad Imperia per 35 anni e non ho mai superato un certo limite stradale che dopo Via Caramagna allunga in via Palmoriere; forse credevo che lì terminasse il mondo conosciuto, le mie personali colonne d’Ercole Imperiesi. In effetti la strada diventa sterrata per un tratto e muore a distanza di poche centinaia di metri. Ma al termine dello sterrato sorge una piccola e bellissima chiesetta risalente (come scritto sulla facciata) al 1858. È abbandonata a se stessa da tempo, eppure nasconde una bellezza decisamente particolare: è piccolissima, microscopica, salire al piano superiore è impossibile e pericoloso, ma sono rimasto ad osservarla diversi minuti prima di riuscire a scattare.
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troviamo una vecchia Chiesa del 1.800, la curiosità è forte, ci facciamo coraggio e decidiamo di entrare. Apriamo la porta con molta cautela, sentiamo il cigolare dei cardini arrugginiti, sembra pericolante, facciamo pochi passi e subito compaiono ai nostri occhi il vecchio “Are” (altare) ancora in buone condizioni, affreschi ormai sbiaditi e nicchie che si presuppone ospitassero diverse statue. Guardando l’altare sulla nostra sinistra ci accorgiamo della presenza di una scalinata che risulta essere troppo pericolante che porta al piano superiore dove doveva essere situato l’organo che accompagnava le cerimonie di quei tempi.
Non c’è molto spazio per l’immaginazione: mi sono limitato ad alcuni dettagli e alla vista dall’entrata. La stragrande maggioranza del tempo l’ho impiegata per fotografare la cupola e quello che rimane degli affreschi che la ornavano. È davvero un peccato che sia in condizioni così disastrose: basterebbe davvero poco per metterla in sicurezza e permettere di visitarla senza correre rischi.






Se c’è un Dio, l’ateismo deve sembrargli un’ingiuria minore rispetto alla religione.
– Edmond de Goncourt







Il santuario della Madonna delle Vigne è un edificio religioso molto particolare: è un esempio straordinario di barocco piemontese, fu realizzato da Antonio Bertola e Giovanni Battista Scapitta alla fine del 1600. Scapitta realizzò la cupola sul modello della chiesa di Santa Caterina di Casale Monferrato. Nella piccola abside si vede ancora oggi l’altare sovrastato da una nicchia che era occupata da una statua della Madonna. È diventato tristemente celebre con la definizione di spartito del Diavolo.
Si racconta che nel 1684 nel cimitero di Darola, nel Principato di Lucedio, alcune streghe organizzarono un Sabba, ossia un convegno notturno in cui, secondo le dicerie popolari, tra danze, orge e atti sacrileghi si celebravano riti di carattere demoniaco. Proprio in seguito a questo rituale apparve una presenza malvagia. Gli incantatori o le streghe presenti persero il controllo del demone che sfuggito prese possesso delle anime di alcuni monaci che risiedevano nella vicina abbazia. Questi posseduti dal maligno cominciarono a celebrare messe nere nella vicina chiesa della Madonna delle Vigne e iniziarono un periodo di soprusi verso le Novizie e i mendicanti del luogo.
Queste terribili azioni continuarono per ben 100 anni grazie all’isolamento dell’Abbazia. Quando però la voce degli atroci abusi si sparse, nel 1784, il Papa decise di mandare un esorcista da Roma affinché liberasse quei luoghi dalla presenza malefica. L’esorcista riuscì a sconfiggere il demone e a relegarlo in una delle cripte della chiesa. Poi mise degli abati mummificati a guardia del demonio, seduti in circolo su degli scranni. Il pontefice fece poi chiudere l’abbazia e sconsacrare la chiesa. Si racconta anche che venne composta una musica sacra, in grado di rafforzare il sigillo che imprigionava il demone. La musica in questione venne dipinta in un affresco presente nella sala della chiesa, rappresentate un organo con uno spartito. Questo spartito presenta però una stranezza: è bifronte. Può cioè essere suonato sia normalmente, leggendolo dall’alto verso il basso e da sinistra verso destra, o al contrario, dal basso verso l’alto e da destra verso sinistra. La leggenda dice che se viene suonato normalmente, la musica rafforzerà il sigillo che imprigiona il demone, ma se viene suonato al contrario il demone sarà liberato.
La chiesa della Madonna delle Vigne è un edificio a pianta ottagonale con un soffitto a cupola: l’ottagono ha un valore simbolico. In posizione orizzontale, il numero 8 (otto) simboleggia l’infinito. Per alcuni, il numero in questione simboleggia anche la transizione. Per il Cristianesimo, infatti, la morte non è la fine di tutto, ma è il passaggio ad una vita eterna. Inoltre, le chiese a pianta ottagonale, come quelle a pianta circolare, hanno una funzione contemplativa e meditativa, a differenza di quelle pianta basilicale, le quali sono luoghi di processione. Nonostante le pessime condizioni, gli interni hanno ancora pregevoli affreschi e stucchi, con raffigurazioni scultoree di cherubini.
Secondo le testimonianze la chiesa era ancora in funzione negli anni ’20 del secolo scorso e la statua della Madonna veniva portata in processione per la benedizione dei terreni e dei frutti. Nel 1926 il principe Carrega Bertolini di Lucedio morì. Nel testamento egli divise l’abbazia di Lucedio e quella di Montarolo tra i suoi due figli. Così iniziò il declino del santuario, la cui sconsacrazione sarebbe avvenuta intorno al 1967. L’edificio cadde nell’oblio. Nel 1999 l’archeologo Luigi Bavagnoli, fondatore del Gruppo Teses, si imbatté nell’edificio, vi entrò e trovò il presunto Spartito del diavolo. Il resto è storia attuale.









Nel 2014 a Milano si discuteva della sorte della Chiesa dell’Ospedale Guidi Salvini prossimo alla chiusura. Perché un edificio religioso di questa importanza, dedicato a San Carlo Borromeo, non poteva essere lasciato morire insieme al nosocomio. In tanti si interrogavano su come salvare questo monumento quasi centenario. Credo che le immagini possano far capire perfettamente il risultato di tutto questo discutere.
La prima pietra della chiesa fu posata nel 1929 dal beato cardinal Schuster «per tradurre in concreto il binomio annuncio del Vangelo e cura del malato». Dall’allora sanatorio «Santa Corona» a oggi si sono susseguiti diversi cappellani e fino a una quindicina d’anni fa anche un notevole numero di Suore della Congregazione detta di Maria Bambina, ora scomparse. Negli archivi ospedalieri ci sono testimonianze di visite come quella di Vittorio Emanuele III, Benito Mussolini e degli arcivescovi di Milano. La chiesa non ha nulla da invidiare a un santuario per la sua ampiezza, struttura architettonica con navata principale, cupola e matroneo e per la presenza di preziosi marmi che abbelliscono l’altare principale e la balaustra.
L’ospedale ha chiuso definitivamente i battenti nel 2016 e, nonostante le rassicurazioni, anche la chiesa ha dovuto inchinarsi alla fine delle operazioni ospedaliere. E non è mai stata sconsacrata. Da quel giorno è stata presi di mira dai vandali che hanno incendiato le panchine, hanno completamente distrutto l’altare e la balaustra in marmo rosa, spaccato gli arredi e divelto l’organo a canne che si trova sul matroneo. Bloccare l’accesso all’ospedale a vandali, sbandati e semplici curiosi credo sia quasi impossibile visto le dimensioni del perimetro, per fortuna (ma purtroppo) da distruggere è rimasto veramente pochissimo.





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