
Questo è il 13° post dedicato al Lago di Pianfei. Discreto numero. In questi giorni però le temperature sono quasi sempre sotto lo zero e volevo controllare la situazione dell’acqua; diciamo la situazione del ghiaccio che di acqua non ne ho visto molta. La temperatura era davvero rigida, ma sinceramente pensavo peggio. Sono sceso con qualche difficoltà verso le sponde del lago e ho fotografo con treppiede e lunga esposizione: purtroppo il crepuscolo sarebbe arrivato solo da lì a qualche minuto e mi sono dovuto accontentare dell’ora blu.

Galeazza è qualcosa che per il mondo non significa nulla. Per gli imperiesi, ma forse dovrei dire onegliesi, è la conclusione di una storia. Dopo la Galeazza c’è il vuoto, è lo scoglio posto alla fine del mondo conosciuto. Perché qui finisce Imperia, è una linea di demarcazione fondamentale. La Galeazza è una spiaggia: difficile, dura, impegnativa, di sassi e scogli, ma romantica e personale. Perché solo i ciantafurche (i cacelotti sicuramente no, ma loro cosa possono saperne?) riescono ad amare questo piccolo tratto di costa e il suo simbolo: la Galeazza, l’enorme scoglio dal quale è obbligatorio tuffarsi per essere veri, vivi e uomini. Io adoro questo piccolo lembo di spiaggia cattiva, significa tantissimo per me: è dove andavo da bambino, è dove ho imparato a nuotare; è il tuffo rinfrescante dopo la corsa serale sull’incompiuta. Ma la meraviglia della Galeazza è il rumore delle onde che si infrangono sulle pietre, nel silenzio dell’alba. E’ un suono che può sembrare ostico, ma che in realtà, per chi sa ascoltare, è dolcissimo. E carico di emozioni, di vita.
[…] Anche la Galeazza è ciottoli, scogli, tranquillità, ma soprattutto ha un panorama unico visto dal mare. La spiaggia è dominata da una collina di macchia mediterranea e pini di Aleppo, punteggiata da qualche villa opulenta che non disturba, ma lascia immaginare un passato non lontano in cui una parte era coltivata a vigneto e le foche monache saltellavano goffamente sulla riva per divorare l’uva matura. In mare si alza la Galeazza, cinque metri di scoglio che pare una nave antica, da sempre tappa del rituale di formazione dei ragazzi locali e no: chi si tuffa dalla cima diventa automaticamente adulto.

Con l’arrivo del freddo e con l’accorciarsi delle giornate sto riscoprendo il piacere di fotografare all’alba. E devo ammettere che il fatto che il crepuscolo arrivi in orari umani aiuta non poco questa attività; le gioie sono però limitate in quanto le temperature sono davvero al limite del sopportabile. Quindi è necessario armarsi di guanti, cappello, sciarpa e abbigliamento pesante, che il congelamento è dietro l’angolo. Queste tre foto sono scattate sul lago Maggiore, al Terminal Traghetti di Pallanza, pochi minuti dopo le 7 di mattina. Treppiede, tempi lunghi di scatto, livella, pazienza e una sana voglia di sopportare il freddo.



Da diverso tempo mi ero messo in testa di fotografare il Sacrario Partigiano di San Bernardo a Bastia Mondovì. E’ un luogo importante, che profuma di storia e di tragedia. E mi affascina. Ho provato diverse volte a scattare qui, ma sempre senza fortuna: purtroppo non ho mai trovato le condizioni ideali, mi è sempre mancata la scintilla che accendesse la miccia. Ho deciso quindi di provare la levataccia per arrivare al sacrario all’alba. Non è andata meglio, cielo praticamente perfetto e il sottoscritto odia il cielo perfetto. Ho provato a migliorare la foto in post-produzione incrementando l’effetto dell’alba e pulendo l’immagine dalle troppe interferenze. Sono riuscito ad arrivare al limite della sufficienza tirata, non oltre. Ma volevo pubblicarla e volevo pubblicarla oggi. Perché qui sono sepolti circa 800 caduti del 1º Gruppo Divisioni Alpine, comandato da Enrico Martini. E per ricordare il 25 Aprile mi sembra la foto ideale.