Love is the answer, and you know that for sure; Love is a flower, you’ve got to let it grow.
– John Lennon
Love is the answer, and you know that for sure; Love is a flower, you’ve got to let it grow.
– John Lennon
Nell’anno del signore 1997 (si, 22 anni fa) ero in galleria al Teatro Ariston in Sanremo per assistere al Premio Tenco. Fu un’edizione straordinaria: ero andato per ammirare Gianna Nannini (semplicemente fantastica) e mi ritrovai ad ascoltare Fabrizio De Andrè e Francesco Guccini. Quella sera mi innamorai (musicalmente) di Nada. Era il periodo del NadaTrio e, accompagnata da Fausto Mesolella (chitarra) e Ferruccio Spinetti (contrabbasso), interpretò in modo straordinario alcuni pezzi del suo repertorio: io rimasi assolutamente incantato da Come faceva freddo, scritta da Piero Ciampi nel 1974; quella performance mi è restata impressa nella mente a fuoco. E sabato 31 Agosto, a Novello, sono tornato ad ascoltare “Il pulcino del Gabbro“: ancora oggi, dopo oltre 50 anni di carriera, è semplicemente straordinaria, la sua voce e la sua presenza scenica hanno pochi eguali in Italia. Grandissima artista.
Anche le finestre avevano un cuore
c’era una porta che faceva rumore
e mentre lui moriva d’inedia
lo scongiuravo dall’unica sedia
come faceva freddo
com’era bello che lui fosse lì
apro una porta sei piani di scale
ci sono i suoi quadri ma lui non c’è più
Fare questa foto (ma anche quelle di ieri) è stata un’impresa decisamente faticosa. Avevo individuato un’ansa del Tanaro molto interessante, a metà fra Clavesana e i celebri Calanchi. Ma fra il dire, il programmare e il fare, ci sono di mezzo boschi e rovi. Purtroppo non ho avuto modo di organizzarmi: il cielo perfetto è arrivato quando meno me lo aspettavo in un pomeriggio di metà luglio. Ma sono preparato e ho sempre con me tutto il necessario: macchinafoto, treppiede, filtri, zaino, copertura antipioggia e fantastici copriscarpe in gomma (assolutamente consigliati, mai più senza). Sotto la pioggia e nel fango sono riuscito, con un certa dose di fatica, a raggiungere la zona prescelta. Ho fotograto in 40 centimetri d’acqua con tempi decisamente lunghi: questa è 25 secondi, ma sono arrivato anche a 2 minuti di esposizione (con ND1000 e pola) giusto per sentirmi un po’ Michael Kenna (e nel frattempo mandavo posizione GPS e foto a casa in caso potessi risultare disperso). Il problema è stato tornare: ho sbagliato strada (ottimo senso dell’orientamento) e mi sono trovato dentro una foresta di rovi, completamente bagnato, con i pantaloni corti. Ho portato i segni dell’avventura per circa 2 settimane: e poi dicono che la fotografia non è pericolosa, ma d’altronde il pericolo è il mio mestiere.
Forse posso sembrare un po’ presuntuoso a copiare una foto di quello che ritengo una dei più grandi geni della fotografia di tutti i tempi: Man Ray. Ma il mio vuole essere un semplice omaggio in occasione dell’anniversario della nascita (27 agosto 1890) di questo straordinario precursore dell’arte che ha rivoluzionato il secolo scorso. Perchè la grandezza di Man Ray non è nella qualità della sua arte, ma nella sua visione moderna del mezzo: se mi permettete un paragone, azzardato, mi piace considerarlo come lo Steve Jobs della fotografia. Questa foto, scattata nel 1924, ritrae Kiki de Montparnasse, forse la sua musa più autentica e s’intitola Le Violon d’Ingres: l’immagine è un audace accostamento del corpo femminile alla viola, la cui sagoma tondeggiante ne riprende le forme. Non ho volutamente riprodotto in modo perfetto l’immagine, ma ho preferito cercare una versione più personale e, credo, più moderna. Spero che Emmanuel non ne abbia a male.
Il titolo della foto riprende un vecchio modo di dire utilizzato dai francesci a Parigi per “passatempo”; nel ritratto, la celebre Kiki de Montparnasse, amante dell’artista e sua musa ispiratrice. […] Per merito di questa foto – e di numerose altre – il corpo di Kiki rimase alla storia come simbolo della Parigi dei primi decenni del XX secolo. Le chiavi di violino vennero dipinte sulla schiena della modella dall’artista, trasformando il suo corpo in uno strumento musicale e giocando con l’idea di oggettivazione di un corpo animato. Molti descrivono Le Violon d’Ingres, come un gioco di parole visivo, che raffigura la sua musa, Kiki, come il “passatempo” dell’artista.
Vivere Murazzano, il concorso organizzato dal comune in collaborazione con MondovìPhoto, è stata la scusa che mi ha permesso di passare qualche ora in questo piccolo e particolare paese in alta langa, celebre per il formaggio e per il Parco Safari delle Langhe. Ho girovagato tre ore nel centro storico, fotografando il Santuario, la Torre Medioevale (emblema del paese), il Mulino e, soprattutto, il cafè Gianduja. Ho cenato con un meraviglioso panino al Murazzano DOP con bagnet verde (da impazzire) e poi sono tornato a fotografare in notturna. Ho selezionato 5 foto, la mia preferita è la prima, con il Santuario sullo sfondo. Era quasi notte, ho scattato il con 16-35, il treppiede, e 6 secondi di esposizione: la trovo interessante perchè il Santuario, nonostante occupi solo una piccola parte del fotogramma, è il protagonista evidente della foto. E questo fatto di riuscire a evidenziare un elemento, soprattutto se piccolo, è sempre complicato in fotografia.