![Pianfei Lake [TRQSE]](http://farm8.staticflickr.com/7061/6940685057_f123e01670_b.jpg)
Le 5 lettere contenute nella parentesi quadra hanno un significato ben preciso: Turquoise. Perché Turchese è il colore dominante della foto: un filtro. E siamo ancora al lago di Pianfei, sempre nella brutta stagione: è deserto, non c’è mai nessuno e mi lascia un senso di tranquillità e di pace. In questa foto ho enfatizzato i dettagli, contrastato le ombre e aggiunto un filtro colorato che aumentasse la qualità del cielo. Di questa foto mi piace tantissimo il disegno sull’acqua ghiacciata: lo trovo ‘quasi’ poetico. Di una poesia un po’ moderna e pittorica, non omologata ed affascinante.

E’ naturale il bisogno d’incontro, d’armonizzazione tra creato e figuranti, tra artisti d’aria e di penna. Il reciproco desiderio di sublimarsi nell’infinito, d’attribuire speranza e senso a ciò che d’indefinito tinge il mondo. Le altezze, le terre sconfinate d’azzurro manto, ondeggiano e danzano al cospetto del segreto messaggio. E nonostante la vana volontà di comprensione assuma toni sfaldati, ambirvi non può dirsi intralcio all’umano sviluppo. V’è sempre una meta cui le nostre acque si trascinano, di peso o forza, un orizzonte dalle calde sfumature incendiarie, quel tiepido rifugio cui tutti ambiamo. E nell’impossibilità alla cieca comprensione di vissuti e viventi, la speranza non deve mai cessare il suo ineffabile vociare. Poiché soltanto essa costituisce l’urlo d’Amore capace di evolvere l’essenza dell’affermazione personale. L’unico gracile e leale germoglio, tra cieli salmastri e campi dai mille aculei neri.
Foto di/Photo by Samuele Silva – Parole di/Words by Martina Cora.
Martina Cora è una giovane scrittrice Monregalese. Le ho chiesto di scrivere un piccolo guest post dopo aver letto le prime pagine del suo libro d’esordio: ‘La ruggine della rosa’ edito dal gruppo Albatros il Filo. E voglio ringraziarla per le sue parole di speranza, che ne abbiamo bisogno. Adesso non mi rimane che fotografare la Ruggine celata dietro ad ogni Rosa. Non sarà facile: forse devo prima finire di leggere il libro di Martina. :)

Con questa foto voglio affrontare [tentare di] un problema sempre più discusso e sentito: il fotoritocco. Si può fare? Non si può fare? Piace? E’ legale? Non piace? Io, come si intuisce dalle mie foto, sono decisamente a favore della post-produzione, anche massiccia; molto ovviamente dipende dal contesto. Se devo rappresentare la realtà cerco di limitare al minimo consentito gli interventi in camera chiara: un po’ di contrasto, i colori. Nulla si deve creare, nulla si deve distruggere. E credo che questa sia una regola importante da seguire se parliamo di foto-giornalismo. Sono però fermamente convinto che, quando il fotografo entra nella sfera dell’artistico, il suo lavoro si possa paragonare a quello di un pittore che crea dal nulla, e con la fantasia/immaginazione, la sua opera. In questo caso tutto (o quasi) è consentito: si può essere bravi con la macchina fotografica e si può essere bravi con il computer. E’ un mondo in continua evoluzione e bisogna seguire la corrente. Questa foto scattata a Prato Nevoso è un esempio chiaro e lampante del mio pensiero: ho esasperato i colori e aumentato il contrasto, ma soprattutto ho eliminato il palo della luce che disturbava il panorama e rovinava la foto (per vedere l’originale basta passare con il mouse sopra l’immagine). Rispecchia la realtà? In parte. E’ importante? Non credo. E’ una foto migliore dell’originale (spero che su questo non ci siano dubbi) e tanto mi basta. Io penso che le fotografie si possano paragonare alle donne: quelle naturali sono più belle, più vere (a parole) ma stranamente sono quelle rifatte che ottengono il successo. :)

Questo è l’Arno visto dal Ponte Vecchio. E si tratta di uno scatto copiato, copiato spudoratamente dal mio amico Antonello che aveva scattato la stessa identica foto pochi secondi prima. La bellezza di questa immagine è, ovviamente, tutta nel riflesso. Ho contrastato molto e forse troppo: passando con il mouse sopra la foto potrete osservare l’originale (molto meno esasperata). E non sono così convinto di aver indovinato la post-produzione. Che dite? Ho esagerato?
![Mongolfiere a Mondovì [Epifania] - 03](http://farm8.staticflickr.com/7142/6675541417_be2352a26f_z.jpg)
Con questo post provo un esperimento ‘mai tentato prima’. Se passate con il mouse sopra la foto apparirà, come per magia, l’immagine originale (in realtà è ridimensionata e tagliata sui bordi). E’ una tecnica, anzi un’idea, ispirata dal photoblog Chromasia di David J. Nightingale. Perché questo? Non voglio certo dimostrare di essere bravo ad utilizzare PhotoShop, anzi, corro il rischio di passare per incapace nel fotoritocco per alcuni e incapace come fotografo per altri. Voglio semplicemente far comprendere agli ultimi moralisti della fotografia che una post-produzione non eccessiva e non invadente può trasformare una foto piatta in qualcosa di almeno interessante. In questo caso lo scatto originale è quasi morto, ha il cielo grigio e colori slavati; con un aumento del contrasto (specialmente nelle zona d’ombra) e una maggiore saturazione si riesce ad ottenere un’immagine più viva, più intensa, anche più reale (in alcuni casi) senza stravolgere il contenuto ed il messaggio dell’immagine stessa. Questo è il mio pensiero (ma forse si era già capito). Vi ho convinto?

La settimana scorsa ho distrutto il volto di Sara trasformandola in un mostro/zombie. Mi sembra giusto però ‘mostrare’ Sara come appare nella realtà, senza nessun ritocco: la foto è nuda e pura come uscita dalla macchina foto (SOOC). E le chiedo scusa, anche perché lei molto gentilmente si è prestata al gioco. Passando con il mouse sull’immagine appare magicamente la versione mostro.