
Se dovessi scegliere un sottotitolo non avrei dubbi: Di uomini, di costumi e di strani cappelli. La Baìo è una festa tradizionale occitana che si svolge ogni 5 anni a Sampeyre e nelle sue borgate: Rore, Calchesio, Villar e Becetto anche se quest’ultima non partecipa alle celebrazioni per via di un ostracismo dovuto ad un fatto di sangue che risale all’ottocento. La festa si svolge in tre giorni: due domeniche e il giovedì grasso. Secondo la tradizione la prima domenica (cioè ieri) la Baìo di Sampeyre riceve la visita di quella di Calchesio, mentre Rore e Villar circoscrivono il loro territorio. La seconda domenica è il giorno più importante: tutte le Baìo si recano nel capoluogo per unirsi a quella di Piasso (che significa capoluogo, cioè Sampeyre). Mentre il giovedì grasso la festa è caratterizzata dai processi: ogni gruppo giudica il proprio tesoriere accusato di furto.
Una tradizione, consolidatasi in tempi relativamente recenti, ma che si è radicata profondamente nell’opinione popolare, indica la Baio come un ricordo, una rievocazione storica delle incursioni di predoni saraceni che verso l’anno mille, provenienti dalle coste della Provenza, avrebbero terrorizzato la valle: la popolazione locale, insorta in armi, avrebbe liberato la propria terra da questo pericolo.
Non sapevo come gestire fotograficamente l’evento, per quanto avessi letto e cercato informazioni non ero preparato a sufficienza. Sono partito di mattina presto in direzione Calchesio (Chucheis) per fotografare la prima Baìo che si radunava (ore 9:00). È stata una scelta indovinata: il raduno è quasi intimo, l’atmosfera è più rilassata, c’è meno gente ed è più facile integrarsi. Finita la sfilata sono iniziati i balli in piazza e io sono partito alla volta di Sampeyre: qui la situazione è più confusa, i turisti amano alzarsi con calma e convergere verso il fulcro della manifestazione. Ho seguito la sfilata, ma ho evitato di concentrarmi sulla festa in piazza per riuscire ad andare a Rore. A Roure (come si dice qui) invece la sfilata era terminata da tempo ed era arrivato il momento del pranzo. E del vino, ampiamente versato dai Cantinìe, d’altronde sono le truppe addette al vettovagliamento e spetta loro il compito di far ubriacare i partecipanti.
Mi aspettavo cappelli strani e una tradizione antica: sicuramente non sono rimasto deluso. Quello che però mi ha colpito è il modo di vivere la Baìo: non saprei come descriverla, ma non è un’esibizione per il pubblico. È una festa del paese e dei suoi abitanti che sopporta l’arrivo di spettatori. È un evento che potrei definire quasi intimo, che subisce, e viene sorpreso, dall’invasione dei curiosi e dei fotografi. Per certi versi sono rimasto infastidito: mi sono sentito un elemento estraneo, un disturbatore, ma devo ammettere che questo modo arcaico, fuori dal tempo, di vivere la festa è molto affascinante.










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Il museo di Santa Giulia è il museo più importante di Brescia, si trova in via dei Musei (buona idea) ed è ospitato all’interno del monastero di Santa Giulia, fatto erigere nel 753, in epoca Longobarda, da Re Desiderio e da sua moglie Ansa. Il sito fa parte di una serie di monumenti che comprendono monasteri, chiese e fortezze e che sono divenuti un sito UNESCO seriale nel giugno 2011, perché testimoniano il ruolo significativo del popolo longobardo per lo sviluppo spirituale e culturale dell’Europa nella transizione fra la Classicità e il Medioevo.
Ho avuto il piacere e l’onore di visitarlo
in esclusiva (e in notturna) con la guida di Francesca Morandini, curatrice delle sezioni archeologiche del museo, e di Arianna Petricone, referente di
Italia Longobardorum e storica dell’arte medievale. Ho già parlato della
questione WOW e la nostra
invasione digitale è stata improntata alla visita delle zone più interessanti e scenografiche dell’intero complesso: d’altronde si parla di 14000 metri quadrati di museo e fermarsi su ogni singolo reperto sarebbe stato impossibile.
Abbiamo ammirato la Chiesa di San Salvatore, il rilievo di Pavone, il coro delle Monache -WOW-, la cripta, l’armonium delle allodole impazzite (opera moderna dell’artista Emilio Isgrò) e la chiesa di Santa Maria in Solario -WOW- composta da due sale e che conserva due dei reperti più importanti del museo: la lipsanoteca e la croce di San Desiderio. All’uscita ho anche fotografato il tempio capitolino nell’area archeologica: esula un po’ dal contesto di questo racconto fotografico, ma non ho resistito alla tentazione.


















Ascensio è il nome che Groupe F ha dato all’esibizione in piazza della Vittoria per celebrare Brescia (insieme a Bergamo) come capitale della Cultura 2023. È stata una roba pazzesca, che descriverla a voce, ma anche con foto e video, comunque non riuscirebbe a dare l’idea di cosa hanno ammirato i fortunati presenti all’evento (fra cui ovviamente il sottoscritto). Non esiste una definizione per uno spettacolo del genere: una via di mezzo fra teatro, danza, circo e fuochi d’artificio, il tutto immerso nel mapping più spettacolare che possiate immaginare. Le foto seguono in ordine cronologico l’esibizione tranne l’immagine di copertina che in realtà ritrae la parte finale dello show.
Groupe F designs and realises open air pyrotechnic shows and theatrical works.Our ability to bring together multidisciplinary teams of the highest artistic and technical level allows us to produce meaningful and original projects in the best possible conditions.
Groupe F is a one stop, integrated, creative and production tool that is unique in the world of public space performing arts events.







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Il terzo concorrente in gara, ah no, non è il festival di Sanremo. Anche se non ho sbagliato di molto perchè Coma Cose e Mr.Rain saranno entrambi fra i concorrenti dell’edizione 2023 della celebre kermesse canora. Concludo la serie di foto dedicate al concerto di inaugurazione di Bergamo e Brescia capitali della cultura 2023, in realtà forse ne pubblicherò ancora due, con il duo composto da Fausto Lama e California, noti al grande pubblico come Coma Cose. Molto belli i pantaloni leopardati, devo ammetterlo. Dopo la loro esibizione, un po’ stanco, sono scappato (volevo fotografare il famoso rinoceronte appeso) e mi sono perso l’esibizione di Renga con la figlia Jolanda: peccato, sarà per un’altra volta





Hai le fiamme negli occhi ed infatti
Se mi guardi mi bruci
– Coma Cose





Quando Ambra Angiolini l’ha chiamata sul palco devo ammettere che non sapevo chi fosse. In realtà Voodoo Kid, pseudonimo di Marianna Pluda, 27enne bresciana, è un’artista eclettica che produce, compone e scrive, sia in inglese che in italiano, i testi e la musica delle sue canzoni (sono informazioni che ho appreso da Google ovviamente). La voce sul palco non mi ha entusiasmato, ma ascoltando “Tutto bene” in loop (una delle canzoni che ha presentato al pubblico di Piazza della Loggia e che fa parte del suo ultimo album) devo ammettere che non è niente male. Ma io faccio foto, vedo gente, e di musica non capisco praticamente nulla. :-)
La lunga permanenza nella città cosmopolita, della quale ha respirato l’aria di continuo cambiamento, lo studio della musica, in tutte le sue forme ed applicazioni, e la creatività tipicamente italiana, fanno di questa giovane artista un personaggio poliedrico ed unico.
Le ultime due foto sono dedicate a Ilaria Cammarata, una delle ballerine, che ho notato per la straordinaria somiglianza con Jenna Ortega, l’attrice protagonista della serie Mercoledì: separate dalla nascita, praticamente due gocce d’acqua.





Cosa ci faccio qui
a fare finta che sia tutto ok
La tua amica bionda che mi balla in faccia
ma che festa di merda
– Voodoo Kid

