Dopo quasi 4 anni sono tornato a Villa Moglia. Mi avevano parlato di una serie di nuovi graffiti nella piccola chiesa che affianca la casa e ho deciso di osservare con i miei occhi e con il mio obbiettivo. E devo ammettere che l’impatto visivo è importante: non ricordavo bene come fosse sistemata all’epoca, ma certo hanno dipinto due bellissime immagini sui lati della piccola cappella dove probabilmente in origine trovavano posto due affreschi; e sopra l’altare sono stati disegnati simboli esoterici con quelli che sembrano essere teschi umani. Mi sono concentrato soprattutto su questa parte della Villa e ho lasciato le briciole agli altri ambienti: le due immagini che riprendono per intero la cappella sono molto simili, ma la prima (la più estesa) è ripresa con l’Irix 11mm e poi leggermente croppata, mente la seconda è scattata con il 15-35 F/2.8 alla focale più ampia. Un’altra perla alla mia collezione di chiese abbandonate.
Ho inserito questo set fotografico nella categoria urbex, ma sinceramente sono combattuto, perché è vero che queste due meravigliose stanze non sono utilizzate da tempo e sono in stato di semiabbandono, ma è altrettanto vero che hanno iniziato il lavori di conversione (si tratta di un ex convento di Suore Orsoline) e quindi tornerà, auspico e credo, al suo antico splendore in breve tempo. Di certo sono entrato in modo decisamente urbex, ma è un’altra storia. Se devo essere sincero non ho capito fosse lo scopo di questo piccolo altare: sono pochi metri quadri riccamente dipinti a tema religioso e devo ammettere che mi hanno affascinato in modo particolare; fotografare è stato complicato perché le dimensioni sono davvero ridotte e anche il fish-eye ha faticato. Spero di poterci tornare a breve per capire come saranno portati a termine i lavori di ristrutturazione.
Sono passati quasi tre anni dal mio reportage sul palazzo dei Conti Morra. E all’epoca la piccola chiesa che si affaccia nel giardino di quello che gli abitanti della zona chiamano il castello mi era sfuggita. E mi sono visto costretto a tornare, per forza, obbligatorio. Ho dovuto impiegare tutta la mia abilità per evitare gli escrementi di piccioni (e rientrato a casa ho dovuto disinfettare il treppiede), però il gioco è valso la candela, almeno in questo caso: perché questa minuscola chiesetta (è davvero piccola) merita il viaggio e tutte le attenzioni che le ho dedicato. Sporca, ma semplicemente delicata.
Quando si dice dimenticato da dio. Il significato è decisamente chiaro: sperduto, isolato, disabitato, squallido, desolato. Teologicamente parlando è impossibile, dicono che se Dio smettesse per un attimo di desiderare l’esistenza di un qualsiasi mio capello, esso cadrebbe immediatamente nel nulla. Poi se parliamo di una chiesa il significato acquisisce un significato ancora meno tangibile. Eppure quando penso alla Chiesa del Cristo sdraiato è proprio il concetto di dimenticato da dio che mi viene in mente. Siamo in una valle sperduta dell’appenino Emiliano, in provincia di Piacenza, intorno a noi è il deserto. Per arrivare si deve percorrere una lunga strada sterrata che il pensiero è quello di finire nel nulla. Ed in effetti è quella la sensazione quando si arriva alla meta: la chiesa cade a pezzi, è recintata, abbandonata, solitaria. Perché costruire qui un’opera del genere? E’ un mistero, ma la fede non si spiega. Capisco l’ascetismo, ma a tutto c’è un limite. All’interno si vive in un mondo irreale, immobile, il tempo si è davvero fermato in un istante, come se gli orologi avessero smesso di colpo di funzionare. I motivi purtroppo sono facilmente comprensibili.
E quando si esce la domanda che risuona è sempre la stessa: ma perchè?
La chiesa blu (dabluldirabluldai come direbbero gli Eiffel 65) è un altro di quei luoghi urbex che ormai fanno parte della cultura e dell’immaginario del mondo dell’esplorazione urbana. E devo ammettere che quando mi sono ritrovato al cospetto di quel blu, blu classico com’è stato definito, ho avuto un tuffo al cuore. Perché dal vivo è ancora più bella e intensa che in fotografia e quel blu è davvero una magia, si tocca con mano, è percettibile e non è un’esasperazione della post-produzione come si potrebbe pensare osservando le immagini. E poi c’è questo crocefisso appeso al soffitto, bellissimo, enorme, che regala alla scena una meravigliosa aurea mistica e ti lascia quasi senza fiato. Purtroppo i vandali, perché i cretini esistono e sono intorno a noi, hanno scoperchiato la cripta spaccando la lastra di marmo che la ricopriva e rovinato parte della canonica con scritte e devastazione. Come disse Albert Einstein: “Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi“.