
ARTeFICIALE è il titolo dell’evento Cuneo Provincia Futura di Fondazione CRC nella meravigliosa Piazza Risorgimento di Alba. Le immagini in 3D sono proiettate sulla facciata della Cattedrale di San Lorenzo e lasciano senza parole. Dal punto di vista fotografico è davvero difficile riuscire a rendere l’idea della bellezza che si respira: la piazza è allestita per la fiera del tartufo e gli spazi sono ridotti; senza un obbiettivo decentrabile non esiste modo per evitare le linee cadenti e la maestosità della cattedrale complica ulteriormente la situazione. Mi sono spostato, risultando probabilmente fastidioso, sui tre lati della piazza, ma nel momento in cui veniva proiettata La grande onda di Hokusay mi sono dovuto fermare qualche secondo per osservare con calma. Le foto possono fornire un’indicazione, ma dal vivo è molto più emozionante: c’è tempo sino al 21 novembre.
In Piazza Risorgimento ad Alba prende forma il tema delle Muse, riflettere sul delicato rapporto tra arte e intelligenza artificiale. Può una macchina diventare artista? O l’arte è una prerogativa del solo pensiero umano? Le Arti sono da sempre una preziosa prerogativa della creatività umana. Da Leonardo Da Vinci a Mozart, si è sempre pensato che l’arte fosse patrimonio esclusivo dell’uomo, ma sarà ancora così in futuro? L’intelligenza artificiale sembra contraddire questa teoria. La grande Cattedrale di San Lorenzo, testimonianza della manifattura e del genio dell’uomo, diventa l’immensa tela di un artista, su cui i colori delle videoproiezioni mettono a confronto l’arte prodotta nei secoli dall’uomo e la nuova arte generata dalle macchine. Le Muse danzano insieme alle architetture neogotiche e illuminano il futuro di tecnologie ispirate da noti capolavori di Van Gogh, Escher, Okusai, Magritte, icone della creatività umana. Intorno, la piazza si veste di luci e suoni in un’installazione immersiva di grande potenza emozionale.












L’evento Cuneo Provincia Futura di Fondazione CRC in piazza Europa è sostanzialmente molto diverso da Un futuro sommerso che si sviluppa a poche centinaia di metri di distanza. Meno spettacolare e magico, ma più riflessivo e triste. Perché le immagini degli animali a rischio d’estinzione, accompagnate dai loro versi in un crescendo rossiniano, che culminano con una richiesta d’aiuto nelle 20 lingue più diffuse al mondo non possono lasciare insensibili. Un’emozione che entra nel cuore e nel cervello. Le immagini proiettate sono particolari e molto reali: evanescenti, diafane, incorporee e davvero prendono vita; almeno nella nostra mente.
Al centro della piazza, circondata da alti e moderni edifici che ne delimitano la forma emerge un’isola verde, caratterizzata dalla presenza di maestosi cedri argentati, alberi ad alto fusto così chiamati per la particolare sfumatura delle loro foglie. Qui la natura sembra rivendicare la vita in mezzo al cemento. Sulle folte chiome degli alti cedri dell’Atlante, prendono vita evanescenti, diafane, incorporee presenze di animali.
Con una tecnica di videoproiezioni dinamiche – in Italia ancora poco sperimentata – sulle fronde degli alberi, le principali specie animali a rischio d’estinzione rivolgono all’umanità la loro richiesta d’aiuto, un grido tradotto nelle 20 lingue più diffuse nel mondo.
I rumori del traffico e le luci della città lasciano il posto alle voci degli animali orchestrate prima da soliste poi in un grande toccante coro finale. Ascoltiamo le loro voci prima che sia troppo tardi e svaniscano per sempre.






Il progetto si chiama Cuneo Città Futura ed è organizzato dalla fondazione CRC. La realizzazione tecnica è del designer Alessandro Marrazzo, un guru del settore: regista, scenografo, show designer, lighting designer, sceneggiatore e autore televisivo. Il progetto riguarda 10 luoghi della Granda: sei a Cuneo, una a Mondovì, due ad Alba e una a Bra.
E il tema, per la Torre di Mondovì, non poteva che essere quello del tempo: la videoinstallazione sarà collocata sulle pareti della Torre con un’illusoria videoproiezione 3D per indagarne segreti e meccanismi. Un’installazione ispirata al “Long Now”, l’orologio millenario di W. Daniel Hillis (esposto allo Science Museum di Londra) che non misura il tempo in ore e minuti ma in secoli e millenni. Con videoproiettori “21k”, diffusori audio, luci architetturali, proiezioni “gobos” e luci teste mobili. Una Torre del Belvedere come non si è mai vista prima, e come probabilmente mai più si vedrà.
Ho dovuto aspettare qualche giorno, ma ieri sera mi sono appostato al Belvedere e ho fotografo l’installazione sulla Torre dei Bressani. Freddo pungente, ma non inaspettato. Ho scattato con il treppiede cercando di posizionarmi più in alto possibile, ISO decisamente fastidiosi (800-3200), tutta apertura (f/2.8) e tempi di esposizione lenti (1/15). La torre è altissima e per riuscire a dare un senso alle immagini ho dovuto ricorrere ad una trasformazione piuttosto pesante. Mi piacerebbe tornarci per trovare qualcosa di più artistico e meno giornalistico. Ho tempo sino al 21 novembre.
Il belvedere di Mondovì e la sua Torre Civica rappresentano lo scenario ideale per parlare del tempo. In un’atmosfera carica di suggestioni oniriche, l’antica torre con il suo passato, ora diventa protagonista del futuro e si veste di luce per diventare macchina del tempo dai rintocchi digitali.
Un’illusoria videoproiezione 3d scava nei segreti del tempo e dei suoi meccanismi. Suoni unici e irripetibili, luci e colori si trasformano in parole sussurrate dal futuro. Il pensiero dell’installazione è generato dalla tradizione storica della città e dalla notizia dell’orologio dei 10000 anni.
«Voglio costruire un orologio che fa tic una volta l’anno. Il braccio dei secoli avanza una volta ogni cento anni, il cucù viene fuori ogni mille anni. Voglio che il cucù venga fuori ogni millennio per 10.000 anni. Se mi sbrigo dovrei farcela a finire l’orologio in tempo per far uscire il cucù la prima volta.» (W. Daniel Hillis)
L’Orologio Long Now, traducibile in italiano con “Orologio del lungo presente” e detto anche ”Orologio dei 10.000 anni”, è un orologio meccanico progettato per segnare il tempo per i prossimi 10.000 anni. È stato realizzato dalla Long Now Foundation.
Il progetto è stato concepito da Danny Hillis nel 1986 e il prototipo ha iniziato a funzionare il 31 dicembre 1999, giusto in tempo per il capodanno del 2000. A mezzanotte l’indicatore della data è passato da 01999 a 02000, e la campana ha rintoccato due volte per annunciare il termine del secondo millennio. Il prototipo alto circa due metri è ora esposto allo Science Museum di Londra.










Per un mese, dal 23 ottobre al 21 novembre, la Torre del Belvedere di Mondovì Piazza verrà fasciata da giochi di luce. Una fantasmagorica proiezione 3D, un’illusione ottica che avvolgerà il monumento e lo “trasformerà” in un dedalo di ingranaggi fra tecnologia e leggenda, per riprodurre l’incredibile “orologio che misura i millenni”.

Voglio immediatamente chiarire che questa non è quel che posso definire una foto straordinaria, è una foto da cestino. Ma oggi è il 5 maggio 2021 e ricorre il duecentesimo anniversario della morte del grande Napoleone Bonaparte. Uno dei personaggi più conosciuti dell’intera storia dell’umanità. E concluderò questo post con la celebre poesia di Alessandro Manzoni del quale ricordo ancora a memoria le prime strofe. Mi sembra quasi doveroso dedicare qualche riga al ricordo del celebre condottiero francese e soprattutto a questo famoso dipinto. Siamo all’Österreichische Galerie Belvedere di Vienna e quando ho ammirato quest’opera di Jacques-Louis David (presumibilmente dipinta tra il 1800 e 1803) non ho dato troppo peso al valore sociale del quadro. Esistono cinque versioni di questo dipinto, la prima prima venne commissionata da Carlo IV, re di Spagna, come mezzo per ottenere la pace con la Repubblica Francese. Le tre versioni successive furono commissionate da Napoleone stesso con fini propagandistici e sono i primi tre ritratti ufficiali di quello che all’epoca era ancora il primo console della Repubblica Francese. L’ultima versione invece non fu richiesta da nessuno e rimase di proprietà dell’autore sino alla sua morte. Dal vivo è semplicemente spettacolare, enorme (264 x 232 cm).
Archetipo del ritratto di propaganda, l’opera è stata riprodotta numerose volte tramite incisioni, dipinta su vasi, sotto forma di puzzle o di francobollo, testimonianza dell’importante fortuna di cui godette presso i posteri.
Io non ho un giudizio storico su Napoleone, sarebbe impossibile, ma sicuramente è stato un grande condottiero, un grande politico, un uomo di guerra, un generale. Napoleone è stato odiato e amato, celebrato come un eroe e detestato come un criminale. Ma se ancora oggi, a 200 anni di distanza, ricordiamo la data della sua morte un motivo dovrà pur esserci.
Ei fu siccome immobile,
Dato il mortal sospiro,
Stette la spoglia immemore
Orba di tanto spiro,
Così percossa, attonita
La terra al nunzio sta,
Muta pensando all’ultima
Ora dell’uom fatale;
Nè sa quando una simile
Orma di piè mortale
La sua cruenta polvere
A calpestar verrà. […]
– Alessandro Manzoni

La necessità, quasi fisica, di fotografare qualsiasi cosa è uno dei fenomeni più interessanti della società degli ultimi anni. E noi siamo figli del nostro tempo, almeno così dicono, e la tentazione di fotografare qualunque cosa si muova, e anche che sia ferma, è fortissima. Io scatto circa 60.000 foto all’anno e quindi ne so qualcosa. Ma poi ci sono momenti e luoghi che sono difficili e la fotografia non è solo memoria, ma diventa esaltazione dell’ego.
Quando mi sono trovato di fronte al celebre
bacio di Klimt (all’Österreichische Galerie Belvedere di Vienna) sono rimasto quasi folgorato, perché ammirarla in foto è un discorso, ma dal vero è di una bellezza che lascia quasi senza fiato. E sinceramente, pur essendo un
discreto appassionato di fotografia, l’idea di trovare uno scatto del quadro di Klimt non mi è passata nemmeno per l’anticamera del cervello. Per un miliardo di motivi (la maggioranza inerenti
alla qualità). Eppure davanti all’opera dell’artista austriaco le persone erano in coda per fotografare, quasi come una catena di montaggio. Nemmeno un selfie con il quadro,
proprio una semplice foto, immagino terribile date le condizioni di luce e gli strumenti a disposizione, probabilmente solo per condividerla sui social ad amici e parenti: “
Guardate, sono a Vienna davanti al Bacio di Klimt“.
Stiamo vivendo la nostra vita attraverso le lenti di una fotocamera e purtroppo, ormai, non lo trovo nemmeno triste: lo trovo semplicemente normale.