La chiusura della linea ferroviaria Cuneo-Mondovì (ne avevo parlato qualche tempo fa) ha generato una serie di problematiche di non poco conto per chi, tutti i giorni, è costretto a percorrere quella tratta di strada (in gran parte studenti). Ma soprattutto ha generato una serie di mostri: le stazioni abbandonate. Sinceramente non le conosco tutte, ma posso citare Beinette (giusto dietro casa mia), Pianfei, Roccadebaldi, Margarita e Pogliola. Ci sarebbe anche Mondovì Breo, ma è stata recentemente ristrutturata (si trova in pieno centro) e adesso è sede di un bar/ristorante. Io voglio parlarVi della ex stazione di Pogliola, una piccola, piccolissima frazione alle porte di Mondovì, diventata celebre ultimamente per un autovelox un po’ bastardo. Perchè se Beinette e Pianfei sono ben sigillate, lo scalo di Pogliola è facilmente accessibile dalla strada. Da chiunque.
Se da fuori le condizioni sono di totale abbandono dentro è anche peggio. L’odore di stantio è fortissimo, l’intonaco si stacca dalle pareti, polvere e ragnatele ovunque. Diversi animali morti: ho visto un topo e un volatile non riconoscibile al secondo piano, e lo scheletro (giuro) di un cane nella biglietteria. E fogli e carta, e libri, pubblicazioni sparse un po’ ovunque. Piatti, una cucina a gas distrutta, un bagno old-style incredibilmente integro (solitamente le ceramiche sono le prime cose prese di mira dai vandali). Una sensazione di fastidio fortissimo (e di schifo, devo ammetterlo) mi ha soffocato durante tutta l’arco di tempo che ho passato all’interno della stazione: quando sono uscito ho sentito come un senso di liberazione. Ed ero sporco lercio.
Chi è il proprietario della ex stazione di Pogliola? Perché si trova in questo stato di abbandono totale? Non è possibile riuscire a convertirla come successo con Mondovì Breo? Sono tutte domande al quale purtroppo non ho risposta, sinceramente non so chi debba occuparsi della manutenzione della linea ferroviaria. Provincia, regione, comuni, ferrovie dello stato. Però credo che qualcosa si debba fare. Almeno pulire.
Montale immagina che il sorriso sia come l’acqua pura, scorta fra le pietre d’un greto. Qualcosa in cui si “lima” la modestia, mentre l’edera ci mostra la fioritura. Mediante il sorriso, le labbra “s’aggrappano” all’intera bocca. L’edera simbolicamente è consacrabile alle feste, ma non si percepisce come appariscente, mentre diamo per scontato che il greto ha le pietre. Sopra al torrente, il cielo per Montale “sorriderebbe” mediante la nitidezza d’un abbraccio. Nikla è stata inquadrata col piano americano. Lei porta un abito dal tono grigio-celeste. A sinistra, “spuntano” i rametti dell’edera. La fotografia nel complesso è scura, lasciando “al suo greto” il lavello di marmo, la cassetta in plastica, la probabile centralina ecc… Nikla ha uno sguardo “puro”, ma anche nel tentativo “d’aggrapparsi” a qualcuno o qualcosa (che sfugga alla nostra conoscenza). Il cappello pare riconfigurabile nel macrocosmo per la foglia d’edera. Tuttavia, lì manca la percezione d’un fashionismo. Né Nikla sorride, mentre dal celeste “acquatico” del suo vestito emergerà la “pietra zavorrante” sul pugno destro. E’ una fotografia abbastanza “grezza”, tanto nei toni “da fondale” quanto per la location da officina. (Paolo Meneghetti)
La Casa delle Bambole è una villa abbandonata, a poca distanza da Cuneo. Ha un aspetto decisamente spettrale. E’ stata lasciata al suo destino da pochi anni, ma nell’ultimo periodo i vandali sono riusciti a distruggerla quasi completamente: in piedi non è rimasto praticamente più nulla. Quando si arriva all’entrata la vista è agghiacciante, stile villa dei fantasmi.
Ho scattato tutto quel che potevo velocemente, forse troppo, e sono uscito in tempo record: quel misto di paura e adrenalina tipico di certe esplorazioni urbane era arrivato al mio limite consentito. Se le notizie che mi arrivano sono vere la casa adesso è all’asta; spero si possa trovare in tempi brevi un nuovo proprietario che riesca a portare a nuova vita questa bellissima villa che, allo stato attuale delle cose, è in piena decadenza. Ed è un vero peccato.