

Ho scattato queste due foto durante la Genova Photo Marathon e non c’è alcun riferimento alla nota casa di abbigliamento. :) Sono due ritratti di strada, il tema era ‘Con Trasporto‘. Alla fine ho scelto il bacio perché mi creava meno problematiche di liberatoria (i protagonisti sono di spalle e quindi non riconoscibili) e perché il bacio, effettivamente, dà l’idea del trasporto inteso come impeto, entusiasmo, passione. Per la seconda foto (l’abbraccio) ho chiesto ai due ragazzi il permesso di poterli fotografare, erano molto particolari: lui senza scarpe, lei decisamente elegante. Bellissimi. Mi capita di rado di chiedere il permesso per una foto street e quando capita deve valerne veramente la pena.

Il primo tema della maratona fotografica genovese di domenica scorsa (ma tranquilli, tornerò sull’argomento) ha sorpreso un po’ tutti per la sua semplicità: Genova per Noi. Facile viene da pensare. Ma poi ti viene in mente che si tratta del titolo di una bellissima e celebre canzone di Paolo Conte; e interpretare un tema del genere non è affatto facile, per la vastità dell’argomento (e delle possibilità) e per il rischio di cadere in qualcosa di tremendamente banale. Io ho pensato a cosa è Genova per Me e sono arrivato alla conclusione che Genova è San Lorenzo. E ho deciso di interpretare la Superba nel mood che attualmente mi è più congeniale: fish-eye e monocromo. Ho fatto un paio di tentativi prima di trovare la giusta armonia, ma credo che questa immagine rappresenti perfettamente cosa è Genova per Me. E spero anche per Noi.
Ma quella faccia un po’ così
Quell’espressione un po’ così
Che abbiamo noi
Mentre guardiamo Genova
Ed ogni volta l’annusiamo
E circospetti ci muoviamo
Un po’ randagi ci sentiamo noi

Questa foto mi è stata ricordata qualche giorno fa da Francesca (LaFra)(su Facebook). Sono passati 8 anni (e oltre) da quel giorno. E’ una foto rubata durante il #ViaDelCamp2009, un barcamp itinerante per le vie del centro storico di Genova. E’ una foto importante perché ritrae Francesca e Riccardo (che saluto) durante lo scatto della celebre Foto Faccioni; praticamente un autoscatto con la digitale tenuta in mano. Usando le parole di Francesca: “[…] ossia una modalità di autoscatto in cui la sottoscritta viene ritratta insieme ad un altro soggetto (anche più di uno) tenendo la fotocamera”. Quello che adesso tutti scattano con il cellulare e chiamano Selfie. E qui siamo all’inizio, agli albori della nobile arte. E quel giorno anche io mi sono inchinato al rito. Stavamo scattando dei selfie e manco lo sapevamo
Da tanto tempo sognavo di entrare nella celebre galleria
Foto Faccioni. Finalmente è giunto il giorno, grazie al ViaDelCamp. La foto di backstage è stata scattata da
Suz mentre l’orginale è, ovviamente, di
LaFra.

Credo che la Fotografia di Strada (meglio conosciuta come Street Photography) non riuscirà mai ad entrare nelle mie corde, a rubarmi il cuore. E’ impegnativa, difficile: è fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione (si, è simile al genio). Domenica scorsa ho provato, per le vie del centro storico di Genova, a cimentarmi in questa nobile arte. Mi sono armato di reflex, 50 fisso (quasi sempre utilizzato a tuttaapertura) e voglia di catturare qualcosa di interessante. La street è impresa ardua a f/1.2. Il problema è riuscire a mettere a fuoco in pochi centesimi di secondo, un’operazione a metà strada fra abilità e colpo di fortuna: il rischio di perdere l’attimo migliore è altissimo e il rimpianto di una bella foto sfumata per un fuoco maldestro è sempre dietro l’angolo. Ho fotografato quasi sempre in Via San Lorenzo, fra piazza De Ferrari e il Bigo di Renzo Piano; mi sono divertito e penso di aver catturato una parte dell’essenza di Genova. Anche senza il mare.


Raramente, quasi mai, pubblico in bianco e nero. Non è il mio genere, io vedo il mondo a colori. Per queste foto ho preso spunto da quello che ritengo un maestro del genere e le sue immagini sono rimaste impresse nella mia mente, come fonte d’ispirazione, per tutta la giornata. Lui è Marco Galletto e vi consiglio un viaggio sul suo Flickr (che adesso non esiste più).




Il mare di Genova l’ho sempre dato per scontato, ma per capirlo sono dovuto andarmene: nel 1990 sono partito per il servizio militare e ho vissuto per dieci mesi in due grandi città senza mare. Vivere in posti completamente circondati dalla terraferma mi dava una specie di oppressione. La mancanza di un margine, un bordo, un luogo dove tutto finisce e comincia lo spazio aperto dove potersi perdere senza nulla che ostacoli lo sguardo, mi teneva prigioniero di una sottile inquietudine. Ci ho messo un po’ a realizzarlo, ma alla fine ho capito: il mare lo senti, anche se non abiti sulla spiaggia, anche se non lo vedi tutti i giorni. Semplicemente sai che c’è, che è lì, e che ti aspetta. Il mare di Genova non è facile: molti accessi sono preclusi dal porto, dagli stabilimenti balneari, dalle passeggiate. Anche dove si riesce a raggiungere l’acqua, si paga un prezzo fatto di scalette, scogli taglienti, pietre scivolose. Ma non è importante bagnarsi i piedi: il mare ti entra negli occhi anche sulle alture, in qualche scorcio di strada inaspettato, o dalle finestre degli uffici dei piani più alti; ti entra nel naso quando soffia lo Scirocco e tutta la città odora di sale e di umido; ti si attacca alla pelle nelle giornate di maccaia. Non faccio mai il bagno nel mare di Genova: non è fatto per quello, non è quel mare lì; il mare di Genova riempie uno spazio con l’odore, la luce, il movimento. Il mare di Genova è fatto per farci il bagno con l’anima, non con il corpo.
Foto di/Photo by Samuele Silva – Parole di/Words by Andrea Beggi.