
Domenica scorsa ho partecipato alla decima edizione della Cuneo Photo Marathon (la più antica d’Italia). Fra i temi proposti, nella prima tornata, saltava all’occhio: “In questa città di… santi!“. Ovviamente si tratta di un titolo che apre le porte a qualsiasi interpretazione, i puntini di sospensione suggeriscono inoltre un malcelato tentativo di ironia. E qual è il santo più conosciuto di Cuneo? Sicuramente sono i famosi blocchetti di leucitite (ne ho imparata una nuova) che servono a piastrellare gran parte del centro storico della città: i sanpietrini (o sampietrini). Ho aspettato che la pioggia scendesse di intensità, ho approfittato della piazza semideserta e ho scattato con il 14mm praticamente per terra (meraviglia dello schermo orientabile) una visuale estesa dei celebri sanpietrini di Piazza Galimberti. E’ proprio una città di santi.

Il 13 Maggio 1978 entrava in vigore la famosa Legge Basaglia: “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”. Sono passati solo 40 anni dalla legge che in Italia impose la chiusura dei manicomi, eppure se parliamo di camicie di forza ed elettroshock sembra di raccontare un altro mondo.
Il manicomio di Racconigi, definito sarcasticamente
Fabbrica delle Idee, è una struttura imponente nel pieno centro cittadino. E’ rimasto attivo dal 1871 al 1999, arrivando ad ospitare sino a 1500 pazienti. E’ diviso in padiglioni, il più importante, il più grande, è sicuramente il
Chiarugi nel quale venivano alloggiati (e in alcuni casi internati) i malati di mente. Le condizioni della struttura non sono buone, ci sono i segni di un incendio recente e molti pavimenti (soprattutto all’ultimo piano) sembrano sul punto di cedere da un momento all’altro. Tutte le stanze nascondono qualcosa di interessante, di misterioso, girando per i corridoi si respira un’aria particolare: quando si esplora un
manicomio abbandonato si riescono quasi a percepire le presenze dei
malati, si intuisce come doveva essere la vita all’interno della struttura. E’ come un incredibile viaggio nel passato e nella storia del paese.
Da anni ormai si parla di riconversione, soprattutto per la zona in cui si trova lo stabile: in pieno centro cittadino; eppure per una serie di motivi politici, finanziari e architettonici la situazione non si sblocca. Ed è un vero peccato. In questi giorni, complice l’importante ricorrenza storica, ho letto tanti articoli sugli ex manicomi in Italia e sulla loro situazione attuale: Racconigi non è l’unica città a vivere questa situazione, mi vengono in mente Voghera, Volterra, Vercelli, Genova, Mombello. Il punto è che ci sono anche esempi positivi al quale ispirarsi, come l’ex ospedale psichiatrico di Trieste dal quale partì la rivoluzione Basagliana: oggi è in parte recuperato e trasformato. Lo spazio non manca, le idee probabilmente nemmeno, i soldi si trovano: credo che nel 2018 sia giusto e doveroso far partire una nuova rivoluzione, sempre nel nome di Franco Basaglia, che permetta all’Italia di liberarsi di queste strutture fatiscenti per creare qualcosa di nuovo.







Il manicomio di Racconigi, unico in provincia, venne allestito nel 1871 nel padiglione «Chiarugi», un palazzone di oltre diecimila metri quadrati, costruito a cavallo fra 700 e 800, prima come ospizio per i poveri, poi adibito fino al 1868 a collegio militare. Un uomo e una donna rispettivamente di Barge e Monastero Vasco, nel 1871, furono i primi ricoverati. Con gli anni, in particolare dopo la Grande Guerra 15/18, la struttura si ingrandì, fino ad occupare una dozzina di ettari. Si aggiunsero altri padiglioni: il «Morselli», il «Marro» e il «Tamburini», la lavanderia, la centrale termica, la colonia agricola, il parco, l’acquedotto. Una «città nella città» totalmente autosufficiente. Negli anni ’70 i ricoverati sfioravamo i 1.500 e vi lavoravano più di trecento addetti: 7 medici, 52 infermiere, 121 infermieri, oltre a 67 suore (che agli inizi erano 140), impiegati, cuochi, sarti, muratori, macellai, panettieri. (La Stampa)

























Non è importante tanto il fatto che in futuro ci siano o meno manicomi e cliniche chiuse, è importante che noi adesso abbiamo provato che si può fare diversamente, ora sappiamo che c’è un altro modo di affrontare la questione; anche senza la costrizione. (Franco Basaglia)