![Bisalta [clouds]](https://www.samuelesilva.net/blog/wp-content/uploads/2012/05/bisaltaclouds.jpg)
Devo ammettere che sono molto infastidito dai pali della luce (e relativi cavi). Spesso e volentieri mi sono trovato a combatterli, a schivarli, ad evitarli. Eppure sono sempre lì, proprio nel mezzo del panorama che mi piacerebbe fotografare; e sono dappertutto anche nei luoghi più impensati, dove la natura è praticamente incontaminata, anche quando la prima impronta umana dista decine di miglia. Non c’è l’acqua, non c’è la vita, non c’è la flora, non c’è la fauna, sei nel deserto, nel posto più sperduto del mondo: ma non ci sono speranze, i fottutissimi pali della luce sono nel centro della foto perfetta. E ho deciso di combatterli a modo mio, usando Photoshop e la meravigliosa arma del timbro clone. Perché io intendo la fotografia come una via di mezzo, un giusto mix, fra scena reale e personale visione artistica. E nella mia visione artistica i pali della luce (e relativi cavi) non hanno proprio cittadinanza.

Questa foto non sarebbe dovuta apparire fra le ‘predilette’. Perché nella mia idea di realizzazione l’immagine ideale comprende anche la macchina.foto; senza sembra che il soggetto (cioè me stesso) utilizzi l’obbiettivo come un auricolare anziché come un’arma. E no, non si sente parlare Ansel Adams. Però mi piaceva molto la mia espressione (che attore!!) e trovavo il maglione particolarmente adatto al contrasto con lo sfondo arancione: ho quindi deciso di regalarla al mio amato pubblico di fedelissimi. E perdonate la faccia, ma ho solo quella. ;-)

Questa foto si ispira a Headshot di Martin Gommel, e da qui il titolo. Mi piaceva l’idea e mi piaceva la realizzazione, quindi ho provato a replicarla: come fanno i falsari quando cercano di riprodurre un quadro celebre. Questa è la prima foto scattata con la Canon EOS 5D Mark II (nell’occasione usata con il 135mm f/2). Ho impiegato diverso tempo a trovare la quadratura del cerchio e la faccia giusta (e su quella ci sono ancora dei dubbi): gli autoritratti con l’autoscatto sono sempre un’impresa complicata specialmente se si vuole fotografare a f/2 (la DoF è limitatissima).

Devo ammettere che il digitale mi ha stancato. Troppa elaborazione, troppo ritocco, troppi scatti: si è completamente persa la poesia. Una volta prima di schiacciare il pulsante di scatto si rifletteva, si pensava, e le foto erano studiate e ragionate con calma. Oggi invece ha ragione chi scatta più velocemente, senza pensare, senza collegare il cervello. Vincono gli automatismi e la raffica. E ho deciso di dire basta. Voglio togliere il microprocessore, abbandonare le schede e tornare alla pellicola. Ho ripreso la vecchia biottica RolleiFlex (con obbiettivo Zeiss Tessar 75mm), mi sono procurato i rullini giusti (praticamente introvabili) e voglio fotografare come faceva mio nonno. Voglio comprare anche una Toy Camera, una Holga, e provare la Lomografia. Basta, si cambia, si torna al passato.

Nel momento preciso in cui ho scattato questa foto ho pensato ad una bellissima canzone di Caterina Caselli: “Il Carnevale“. Perché il Carnevale finisce male e questa maschera non serve più. E vedere questa bambina, sola e un po’ triste, giocare con i coriandoli rimasti per terra, mentre la piazza si svuota e la musica finisce, mi ha lasciato proprio la stessa amarezza e la stessa tristezza che si prova ad ascoltare la canzone scritta dal compianto Giancarlo Bigazzi. Il carnevale papapa… :)

E’ il classico clima mutevole della Primavera. Sole e caldo, ma anche vento e nuvole. Pioggia talvolta. Le piantine di mais cominciano a crescere e si inizia a pensare alla falciatura delle messi. E’ bello camminare su queste strade di campagna, sentire il sibilo del vento (mai troppo) mischiarsi al rumore lontano e lamentoso delle mucche. Un cane abbaia in lontananza. Fa caldo ma non troppo, anzi, la protezione fornita dalla maglia è assai gradita. C’è odore di Estate.