POSTED ON 14 Gen 2025 IN
Reportage
TAGS:
URBEX

Poche ore fa leggevo un articolo che spiegava la bellezza dei dettagli, del particolare in urbex. E la mia mente è subito andata a cercare le foto della Villa del baldacchino a righe: perché ricordavo una stanza in particolare, lo studio, sul fatto che mi fossi soffermato in modo meticoloso sulle bottiglie di alcolici. E c’era una meravigliosa boccia di whisky: se devo pensare ad una mia foto di dettaglio in urbex devo ammettere che lo Scotch Whisky Old St.Andrews, nella sua celebre bottiglia sferica, merita un posto di riguardo. Perché sono riuscito addirittura a scattare due foto e penso che siano entrambe interessanti, un po’ diverse dal solito cliché.
Anche un altro dettaglio, tra i mille presenti nelle stanze di questa villa, ha colpito la mia attenzione. Un libro molto conosciuto e importante: Ho scelto la Libertà di Victor Kravchenko. È un libro scritto nel 1946 e pubblicato in Italia da Longanesi nel 1948: fu una sorpresa all’epoca, il più grande affronto che un cittadino sovietico potesse fare a Stalin. I choose freedom era il titolo originale dell’opera quando fu pubblicato negli Stati Uniti dove Kravchenko si era trasferito: quando l’autore morì il 25 febbraio 1966, a Manhattan, si disse suicidio, ma altre fonti non ufficiali sostengono che fu il Kgb a sparargli un colpo alla tempia. Anche da morto Stalin non dimentica.
Ma la villa è molto famosa, almeno fotograficamente, per il celebre baldacchino a righe e d’altronde lo sappiamo che la Toscana è terra di baldacchini. Purtroppo l’incredibile bellezza e la sublime poesia non sono riuscite a fermare il declino, il degrado e il crollo strutturale: avevo notato subito che la parete dietro al baldacchino stava in piedi per la pratica, frase tipica di una mia vecchia conoscenza, e mi sono giunte voci (molto attendibili) che di questa meravigliosa villa non rimangano che le macerie. Un peccato, ma non sono affatto sorpreso.
Mi sono chiesta chi avesse vissuto lì e quale storia si celasse dietro quel baldacchino stravagante. Forse era un dono di un amante appassionato o un ricordo di un viaggio lontano. Qualunque fosse la verità, quel baldacchino aggiungeva un tocco magico e misterioso a quella villa dimenticata, ma la cui storia per me è rimasta un enigma. Ma a volte forse è meglio perché così ti immagini storie malinconiche, amori meravigliosi e straordinari vissuti tra queste stanze di quelle ville piene di ricordi dimenticati… e la tua immaginazione attraversa mondi nascosti.
– Lorena Durante
















» CONTINUA A LEGGERE «
POSTED ON 11 Gen 2025 IN
Reportage
TAGS:
URBEX

In questo palazzo, un tempo molto lontano, vivevano gli Dei dell’Olimpo. Potrebbe essere l’incipit di una bella storia, una storia mitologica con la nostra Pollon protagonista indiscussa, ma in realtà fra queste mura di divino c’è davvero ben poco: è una quelle strutture enormi di cui è difficile comprendere il significato e l’utilizzo. Ma nonostante tutto nasconde e mostra un fascino fuori dal tempo, che non sono riuscito a catalogare a livello temporale.
Dall’esterno si capisce immediatamente che il palazzo è abbandonato. Il giardino è incolto, il cancello aperto e arrugginito, si entra facilmente nella piccola corte e quindi si intravede la porta di accesso spalancata. Sono tre piani, enormi, vuoti, bellissimi. Ho girato per le varie stanze cercando di trovare spunti fotografici e prospettive alternative: ho giocoforza limitato l’uso del normale/macro e ho preferito giocare con il grandangolo con qualche divagazione sul tema grazie al fish-eye (che in spazi di questo di questo tipo diventa un’alternativa molto interessante.)
E poi quando mi stavo preparando ad uscire, poso la macchina fotografica, chiudo il treppiede, alzo lo sguardo e vedo una porta che mi era sfuggita. Stancamente spingo verso l’interno e scopro una piccola chiesetta dimenticata: un altare e una finestra rotonda a due colori. Si chiude un cerchio, nel centro rimane l’Olimpo con le sue divinità.










» CONTINUA A LEGGERE «
POSTED ON 8 Gen 2025 IN
Reportage
TAGS:
URBEX

La casa del viaggiatore è un luogo mancato e quando ci penso mi viene da imprecare; perché ero già stato in questo paese, e proprio nella stessa strada, per un’altra esplorazione e non mi ero accorto che anche un’altra casa, quasi confinante, era in totale stato di abbandono. Sarebbe bastato drizzare le antenne e fare attenzione, ma quando si torna nel mondo libero e termina l’apnea urbex capita di essere deconcentrati. Sul nome ho qualche perplessità perché di primo acchito l’avrei chiamata del tifoso granata per via di una foto autografata del Toro stagione 1986/87 e proprio in quell’annata, per certi versi maledetta, feci il mio esordio all’allora stadio Comunale: Torino-Tirol Innsbruck 0-0. Era la squadra di Junior e Dossena, con Zaccarelli, Cravero e Giacomo Ferri. Al ritorno in Austria fummo sconfitti 2-1 dall’arbitro Erik Fredriksson, ma è un’altra storia. Ho scoperto recentemente che altri l’hanno definita del viaggiatore e pur non avendo notato questa enorme quantità di appunti di viaggio ho optato per il nome più comune.
Entriamo in questa casa quasi per caso ed iniziamo ad esplorare, ci sono tanti oggetti che arrivano dai posti più disparati, souvenir di viaggi oppure regali oppure ancora acquistati per collezione da mercatini? Chi può saperlo, sicuramente un urbex intrigante.
Una delle stanze più belle della casa del viaggiatore è sicuramente la camera da letto al piano superiore: ci sono diversi oggetti interessanti, un quadro stranissimo, un calzatura tipicamente orientale e un particolare copriletto di lana: avevo già visto altre foto di questa stanza, ma con il materasso in vista. Qualche arredatore deve aver controllato nel baule e, trovato il copriletto, ha deciso di utilizzarlo per rendere più affascinante l’ambiente. Non escludo che anche altri oggetti siano stati inseriti in modo strategico a scopo fotografico: non sarebbe la prima volta, il rutilante mondo della scenografia è giunto anche in queste lande desolate.











» CONTINUA A LEGGERE «
POSTED ON 6 Gen 2025 IN
Reportage
TAGS:
EVENT,
balloons,
nocturne
POSTED ON 6 Gen 2025 IN
Reportage
TAGS:
EVENT,
balloons,
sunset
POSTED ON 6 Gen 2025 IN
Reportage
TAGS:
EVENT,
balloons

E poi nel pomeriggio del secondo giorno è spuntato, contro tutte le previsioni, anche il sole. Timido, sia chiaro, laggiù verso Est. E l’ambiente è diventato subito più interessante e fotogenico, fattore importante perché la giornata di domenica è stata caratterizzata da un pubblico numeroso, non saprei calcolare l’affluenza, ma sicuramente diverse migliaia di persone (fra cui tanti amici e conoscenti) e il colpo d’occhio dall’alto dei cieli è stato incredibile. Il grande problema del raduno è il clima, a Gennaio è facile che le giornate non siano strepitose e per un evento di questa bellezza dipendere in modo così importante dalle previsioni del tempo è una spada di Damocle non indifferente. Il freddo siberiano è un altro discorso ancora: è intoccabile.
Sono rimasto sul campo di partenza e ho fotografo anche con il fish-eye, che con la rotondità delle mongolfiere ha il suo perché. Nei giorni scorsi ho parlato con altri fotografi della scelta tra foto posate e scatto rubato: nel mio modo di fotografare il reportage di eventi come il Raduno Internazionale dell’Epifania non esiste lo scatto in posa. Non mi piace, è una questione di tempi e conoscenza della situazione, non trovo corretto disturbare con le mie richieste: non è teatro, anche se sono sempre tutti molto disponibili nei confronti delle persone con una macchina fotografica, meglio se appariscente, al collo. Non dico che sia sbagliato, anzi, dico che non fa parte del mio modo di intendere. Tutte le mie foto del raduno sono colte al volo, fa eccezione questa prima immagine: ho chiesto al pilota olandese Mees van Dijk di fermarsi un secondo prima di uscire dall’interno della sua mongolfiera. E ho scattato con il fish-eye. A me questa cosa che gli olandesi si vestano sempre di arancione fa letteralmente impazzire.







» CONTINUA A LEGGERE «