POSTED ON 10 Nov 2024 IN
Reportage
TAGS:
URBEX

Questa villa/castello/palazzo ha una serie di nomi da far invidia a un calciatore brasiliano. È nella mia personalissima mappa da tempo immemore come Castello Cromo Terapia e sinceramente non ricordo l’origine di questa misteriosa definizione. Lorena l’ha chiamata La Villa addormentata nel bosco, altri la Villa del Dottore immagino per una specie di lettino presente nelle cantine (che ho preferito non fotografare), altri ancora la casa di Alex. Per evitare il copia & incolla ho trovato un nome diverso, che mi è sembrato giusto al primo impatto: il Palazzo Lacerato.
Per tanti aspetti è quello che nel mondo urbex viene definito vuotone, ma osservando bene nasconde qualcosa di bello, di incantevole. Perché con un po’ di calma è possibile scoprire l’anima di questo luogo abbandonato da molto tempo, che dalla posizione, e da una torretta ancora ben visibile, mette in evidenza le stimmate del castello.
Quello che mi ha sorpreso maggiormente è l’incredibile bagno, ormai completamente distrutto, che permette di immaginare una poesia sopra le righe. Quando mi sono posizionato con la fotocamera e il treppiede davanti a quella vasca in muratura, con le piastrelle rosa e la vista sul parco (ormai una foresta), ho davvero immaginato qualcosa di estremamente emozionante e poetico. E come ho già spiegato tante volte la meraviglia è negli occhi di chi guarda; per molti questo palazzo lacerato, abbandonato, distrutto, non significa nulla, per il sottoscritto è stata una scoperta da condividere, un momento importante, un atto di fede.
La vera bellezza risiede nell’anima, non nelle apparenze.
– Lorena Durante








» CONTINUA A LEGGERE «
POSTED ON 8 Nov 2024 IN
Reportage
TAGS:
travel,
village

Un paio di anni fa mi era capitato fra le mani un articolo che parlava di Tresigallo, la città metafisica. Ero rimasto molto colpito da quelle geometrie rigorose e dall’aspetto razionalista. Nel periodo fascista Tresigallo divenne molto conosciuta a partire dal 1930 quando, su idea di Edmondo Rossoni, all’epoca ministro dell’agricoltura e membro del Gran Consiglio del Fascismo, venne completamente ricostruita con architetture razionaliste, come avveniva allora per le cosiddette città di fondazione.
Tresigallo è l’unica città di Fondazione riconosciuta città d’arte e grazie alle particolari geometrie e cromatismi delle sue architetture caratterizzate da tale corrente artistica è definita “La città metafisica”.
Tresigallo si trova in provincia di Ferrara, non è certo una meta consueta per le ferie. Ma preso da una buona dose di pazzia (e dopo aver visto le bellissime foto di un’amica) ho deciso di passare il mio ferragosto da queste parti, insieme ad altri 2 turisti (eravamo in 3 in tutto il paese). Se Tresigallo durante l’anno è probabilmente una città sospesa, in Agosto diventa una città fantasma. Pochissime persone, due avventori al bar: un clima da tragedia post-atomica mi ha accompagnato nella mia due giorni (che poi sono una sera prima del tramonto e una mattina all’alba). La situazione urbex del Bar Roma ha dato un impulso importante alla sensazione di abbandono.
Tresigallo: una città oltre il tempo e lo spazio. Trapezi, triangoli, parallelepipedi, coni, triangoli. Una città geometrica e perfetta, tra follia e astrazione.
Ma devo ammettere che si tratta di un paese particolare, per certi versi bellissimo, per molti versi storico, ma per mille motivi triste; ho respirato l’atmosfera della piazza, percorso tante volte la via centrale, sono entrato in chiesa, ho visto la casa della cultura (chiusa ovviamente) e il celebre SOGNI, che dovrebbe essere una sorta di polo museale a disposizione di chiunque voglia fare arte. Ammirare l’architettura razionalista di Tresigallo, nel silenzio dell’alba, mi ha lasciato una strana sensazione di solitudine e isolamento, di pazzia e modernità, l’incubo di una mente razionale e fredda, senza cuore e senza anima. Tresigallo è la città metafisica e per tanti motivi è stato anche un viaggio dentro di me, per ritrovare me stesso. E niente, non credo di essere riuscito nell’impresa.
Una fusione straordinaria fra architettura e arte del ‘900. Le piazze, i portici, le vie: un viaggio metafisico in una città rimasta invariata nel tempo.









» CONTINUA A LEGGERE «
POSTED ON 6 Nov 2024 IN
Reportage
TAGS:
travel




è un’idea che si realizza
un sogno razionalista che mi spaventava, ma al tempo stesso affascinava
poco dopo l’alba di un caldo giorno di agosto, il rumore del silenzio era inquietante
mi sono sentito sospeso in una sensazione di vuoto, quasi una città fantasma
Tresigallo è così, ti trascina in una dimensione diversa, nuova, apparente
non ci credi che sia possibile, sembra un sogno, ma è realtà
è la strada che percorri mentre ti guardi intorno che rende tangibile il momento
e devi attraversare quella strada per comprendere dove sei
POSTED ON 6 Nov 2024 IN
Reportage
TAGS:
URBEX

Riuscire a spiegare con le immagini e le parole le emozioni che si provano quando si entra in un luogo abbandonato è molto difficile. E se quel luogo esce dalla naturale idea delle cose è davvero complicato. Perché posso comprendere l’abbandono di una casa, di un ospedale, di un’industria, ma riuscire a trovare un senso nell’abbandono di un bar è fottutamente impossibile. Un bar non si abbandona, un bar è per sempre, è un luogo di incontro, di amicizia, di storie, di racconti. È il bar Mario di Ligabue, il bar Necchi di Amici Miei, il Central Perk di Friends, c’è un’atmosfera che rende il bar sempre vivo e sempre presente. Il bar è sacro, intoccabile.
I bar sono luoghi universali, come le chiese, sacri luoghi di ritrovo dell’umanità.
– Iris Murdoch
E quando sono entrato in questo piccolo bar abbandonato all’entrata di un minuscolo paese di provincia ho provato una stretta al cuore. È un locale povero, ma orgoglioso, un locale che racconta la storia di un paese e delle sue persone. Immagino le discussioni al banco, gli aperitivi, cornetto e brioches, il bianco e Campari del sabato sera. È un bar d’antan che mi ricorda quello dove mio nonno giocava interminabili partite a carte con gli amici e il fernet branca, il fumo delle sigarette, la gazzetta aperta sul tavolo vicino. Bellissime le bottiglie in bella vista dietro al bancone, il registratore di cassa, la piccola cucina, il banco dei gelati, il bottiglione di vino sul tavolo. E mi prende la malinconia, per quello che è stato e per quello che non sarà più.










» CONTINUA A LEGGERE «
POSTED ON 1 Nov 2024 IN
Reportage
TAGS:
URBEX,
church

Il nome che ho deciso di dedicare a questa esplorazione arriva da una storia di quasi 3 anni fa. Era il periodo di poco precedente al progetto Herem e con Lorena stavamo dedicando buona parte del nostro tempo alla ricerca di tesori abbandonati del Piemonte e la ricerca era chiaramente concentrata su edifici a carattere religioso. Fra le nostre ambizioni più importanti c’era questa chiesa, abbandonata, del quale non conoscevamo l’ubicazione. Nei giorni scorsi sono riuscito a risalire alle parole alla chat dell’epoca e ho scoperto che la mia prima idea era che questa meravigliosa chiesa fosse in Francia: una suggestione che mi era balzata in testa per via di un nome di un santo scritto in francese (che poi ovviamente si trattata di latino).
In realtà, e Lorena mi aveva corretto subito, l’ubicazione esatta era in Piemonte e non fu difficile scoprirlo. Purtroppo all’epoca, nonostante anche numerosi tentativi diplomatici, non riuscimmo a fotografare l’interno di questo piccolo gioiello di architettura barocca dedicato alla Beata Vergine Assunta e abbandonato ormai da diversi anni.
Poi un bel giorno, passando dalla parti del Monferrato, decisi di allungarmi a San Salvatore per ammirarla dall’esterno; con mio grande stupore trovai il cancello esterno spalancato e la porta semplicemente appoggiata. La Chiesa è bellissima e credo si percepisca dalle immagini. E’ ancora in buone condizioni, ma necessita di importanti restauri per il mantenimento della sua qualità per poter essere nuovamente restituita alla collettività come documento storico. Ho fotografato con un po’ di ansia utilizzando 5 obbiettivi diversi. Le foto della navata sono tante (troppe), ma ho voluto provare tutti gli strumenti a mia disposizione: 11mm, 14mm, 15mm e fish-eye. Come sempre ho qualche problema di linee, credo che dovrò decidermi, prima o poi, a fare la convergenza.
Edit: mi ha scritto, nei commenti, il parroco di San Salvatore: Don Gabriele Paganini. Dopo avermi gentilmente segnalato ai carabinieri (e sinceramente non comprendo il motivo, forse per il reato di aver scattato foto) mi ha chiesto di scrivere che la chiesa
non è abbandonata, ma semplicemente chiusa (lui è il solo possessore delle chiavi) ed utilizzata per altri scopi (non sono a conoscenza di quali siano questi altri scopi). Nel caso vogliate ammirare questa meraviglia
CHIUSA potete contattarlo alla
Diocesi di Casale: sono sicuro che sarà lieto di permettere anche ad altri fedeli di poter ammirare questa bellissima chiesa. Non sarebbe male che
il nostro 8×1000 (circa un miliardo e 320mila euro) venisse anche utilizzato per recuperare questi gioielli del passato (che, tengo a precisare, sono CHIUSI).









» CONTINUA A LEGGERE «
POSTED ON 30 Ott 2024 IN
Reportage
TAGS:
church

Sono stato a lungo indeciso se pubblicare queste foto, ma alla fine ha prevalso la ragione e la voglia documentare. Sono immagini che fanno parte di un servizio fotografico per l’Unione Monregalese: io mi dedicai alla Chiesa, mentre Lorena si occupò della Sacrestia appena restaurata e che finalmente, grazie ai contributi delle Fondazioni CRT e CRC e del Ministero per i Beni e le attività culturali, tornava al suo antico splendore.
Ho deciso di pubblicarle sul mio sito in quanto non vennero mai utilizzate, il focus del servizio era la Sacrestia (sino ad allora praticamente mai vista), e perché dietro si nasconde un aneddoto divertente. Arrivai in chiesa poco dopo mezzogiorno, ma non trovai nessuno ad aspettarmi. Dopo qualche minuto di attesa (niente, non c’era nessuno) iniziai a fotografare (il primo scatto riporta le 12.22) con il cavalletto in piena autonomia forte della mia autorizzazione (non mi capita quasi mai di essere autorizzato). Dopo circa 30 minuti decisi di fotografare anche l’organo e la chiesa dall’alto. Ma quando stava per arrivare l’una e mentre mi trovavo nel punto più alto della chiesa, dalla Sacrestia arrivò il prete (immagino per chiudere e andare a pranzo). Lo salutai dall’alto (non mi aveva visto) mentre percorreva a passo spedito la navata centrale, lui trasalì decisamente sorpreso e mi apostrofò: “Lei cosa ci fa lì?“. Dovetti impiegare un po’ per riuscire a spiegare le ragioni della mia presenza dall’organo (per arrivarci è necessario salire su una scala nascosta). Ho fotografo decine di chiese (abbandonate e non), e l’unica volta in cui sono stato sorpreso e stata anche l’unica per la quale ero autorizzato. Bellissimo.





» CONTINUA A LEGGERE «