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La Villa del Marmista
POSTED ON 27 Dic 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX

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Devo ammettere che l’esplorazione della Villa del Marmista ha dei connotati un po’ diversi dal solito. L’entrata non è banale, il posto è molto in vista ed è proprio di fronte ad una strada a grande scorrimento: introdursi senza dare nell’occhio non è stato semplice. Dopo qualche valutazione ci siamo accorti che l’enorme cancello elettrico in realtà era superabile senza grosse difficoltà e, con passo felino, siamo riusciti ad entrare. Per l’occasione ero in compagnia del cowboy dello spazio, un personaggio che oserei definire borderline, con due caratteristiche che trovo intriganti: puntuale e senza paura. Inoltre si respirava l’aria triste e fredda tipica della pianura padana in inverno: e io non sono adatto a queste lande brulle, inospitali e sconsolate.

L’esplorazione si può dividere in due sezioni facilmente identificabili: la villa, tanto moderna/razionale, e l’azienda che regala il nome alla location. Perché qui si lavorava il marmo e non solo: negli uffici si possono trovare numerosi riconoscimenti e premi, si trattava di una realtà molto importante della zona. Il tutto è sobrio, freddo, quasi impersonale: nella sala da pranzo qualcuno si è divertito a disporre le carte dal gioco sul tavolo, mentre i pochi addobbi natalizi credo siano originali: c’è polvere e sono presenti anche all’esterno. Non si tratta quindi di un set costruito rovistando in cantina/mansarda, ma l’abbandono si può far risalire al periodo fra dicembre e inizio gennaio. L’azienda invece è ferma, congelata, come se da un giorno all’altro avessero chiuso senza mai più tornare: non sono riuscito a capire le motivazioni, ma sono presenti computer, macchinari, automezzi, le foto sul muro sono ingiallite dal passare degli anni e questo fa intuire che anche qui il tempo è andato avanti inesorabile.

Quando siamo usciti, con molta più leggerezza, non mi sentivo soddisfatto. Non è stata un’esplorazione di quelle affascinanti: forse per la modernità degli ambienti, forse per via del razionalismo della villa, della combo con l’azienda. Anche la zona, che potrei definire industriale, non regalava vibrazioni intriganti. La sensazione è stata quella di visitare qualcosa di vissuto, ma al tempo stesso impersonale. E non è questo l’urbex che voglio raccontare.

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La meravigliosa decadenza di Villa Grazia
POSTED ON 19 Dic 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX

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Ci sono storie che arrivano da lontano e raccontano di caldo, dispetti, avventure, emozioni, distanza geografica e tante altre cose. Torno indietro nel tempo, era la metà di luglio del 2022, una delle estati più calde di sempre e ricordo ancora il fastidio, la tremenda afa che mi attanagliava nel parcheggio di quel supermercato mentre, con il drone, sorvolavo da lontano Villa Grazia. Che poi l’ho sempre chiamata così, non so per quale motivo, ma in realtà il vero nome è Villa Sebregondi, detta La Macciasca. Si tratta di una meravigliosa dimora storica, costruita alla fine del 1700 e che oggi giace vuota, silenziosa, immobile e bellissima.

La famiglia Sebregondi è originaria di Domaso, sul Lago di Como e le prime notizie certe risalgono al 1220, quando Gherardino Sebregondi svolgeva il ruolo di giudice a Colico. Un suo discendente, Giacomo Antonio (1642-1718), figlio di Giambattista (1566-1667), podestà di Colico, si trasferì a Como dove fece costruire il palazzo di San Bartolomeo e accumulò un ingente capitale. La famiglia era une delle più ricche ricche e influenti della zona e nel 1788 il pronipote di Giambattista, Giacomo Antonio Sebregondi (1760-1849), fu riconosciuto nobile dall’Imperial Regio Tribunale Araldico Lombardo. Negli ultimi anni del 18° secolo, Giacomo Antonio fece erigere una villa dove risiedere con la famiglia a Maccio, allora Comune, accorpato nel 1928 a Villa Guardia. La villa, il cui interno era riccamente affrescato e ornato in ogni locale, era chiamata “La Macciasca” dal nome del paese, aveva una scalinata a doppia rampa all’ingresso, tre piani più uno seminterrato, oltre a una piccola corte con una cappella gentilizia.

La villa è ormai vuota, depredata degli arredi, ma custodisce una storia importante e rappresenta quella sensazione di decay che per il sottoscritto è l’Urbex con la lettera iniziale maiuscola. È tutto un susseguirsi di stanze e di colori che permettono di fotografare con razionalità e pulizia, e poi quel divanetto, ormai diventato il simbolo della villa, che è tutto quello che si può chiedere alla fotografia di luoghi abbandonati. Avrei voluto tornare a Villa Grazia, ho provato un paio di volte senza riuscire e alla fine mi sono dovuto arrendere all’evidenza. Villa Grazia è diventata, suo malgrado, un simbolo di tutto quel che dovrebbe essere e che mai diventerà. Salvo complicazioni.

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I ricordi del Dragone Rosso
POSTED ON 13 Dic 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX

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Oggi racconto la storia di una stanza, una singola stanza. Perché il resto della casa è normale, tradizionale, nulla da segnalare: una moderna abitazione del nostro paese; e per una volta preferisco limitare il reportage al singolo ambiente. Ho fotografato tutto, ma non avrebbe nessun senso aggiungerlo proprio per un discorso di attinenza.

Quando si entra nella memoria del Dragone Rosso si scoprono i ricordi di un tempo meraviglioso. Qui il treno conclude il suo percorso e sembra che la fermata sia sul fiume azzurro, ai tempi della Dinastia Ming. Non è facile comprendere il motivo di questo spazio meraviglioso, proprio di fronte alla porta di ingresso: ma sicuramente si viene presi dalla voglia di sedersi sul divano e godersi un tè verde con il sottofondo musicale di un guqin.

Tutto è perfetto e l’insieme fa pensare davvero di essere in Cina. I colori, i dettagli, i vasi, il lampadario, il divano, la finestra, i quadri dipinti sulle pareti: tutto è ricostruito perfettamente, come un mondo parallelo, come un viaggio nello spazio/tempo attraverso una porta di ingresso: sembra di vagare nel nulla più disperato e, pochi istanti dopo, si varca un portone e ci si ritrova nella Repubblica Popolare Cinese. E poi quando si esce e l’idea è ancora quella di vivere un sogno, si guarda per terra, si vedono due pietre che sorreggono un cartello e si legge una scritta che riporta immediatamente alla realtà: Casa disabitata non c’è nulla da portare via.

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Discoteca Palladium
POSTED ON 9 Dic 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX, Disco

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Quando si parla di discoteche abbandonate il mio pensiero torna sempre ai meravigliosi anni ’90 quando con gli amici, il sabato sera, si passavano le notti in queste meravigliose cattedrali della musica e del divertimento. Che se ci ripenso adesso mi chiedo sempre: “Ma perché?”. Eravamo giovani e con tanta voglia di divertirci. Ed è proprio questo l’errore, in realtà raramente mi sono divertito in discoteca, forse mai. Ma sono altri discorsi, nostalgici, un po’ da boomer, qui adesso si parla di fotografia e di esplorazione urbana.

Il Palladium è una delle tante discoteche abbandonate che possiamo trovare girando per le strade di periferia. Nel caso è inutile nascondere i dati sensibili: è facilmente rintracciabile con una semplice ricerca su Google. La differenza con le altre sale da ballo tanto in voga alla fine del secolo scorso (e in parte nei primi anni di questo) è l’entrata, l’ingresso principale. La parte centrale è del tutto normale: tanti divanetti (ah, i divanetti), tavolini, un paio di bar, la pista da ballo. Ma l’ingresso è molto particolare, ordinato e pulito, con tanti specchi ancora incredibilmente intatti, un divano centrale, le sfere sul soffitto e tre bellissime statue, riproduzioni di celebri opere del passato (fra cui la Venere di Botticelli).

Non ho scattato molte foto, l’entrata è l’unica parte interessante, ma quando sono uscito mi sono voltato indietro e ho dato un’ultima occhiata alle statue, a quell’atrio così particolare, a quel gioco di specchi, e mi sono immaginato la mole di persone in coda per entrare, il freddo che qui è pungente, i ragazzi in attesa di passare una bella serata. Non erano poi così male i mitici novanta.

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GinItaly a Mondovì
POSTED ON 9 Dic 2024 IN Reportage     TAGS: EVENT

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Come inviato molto speciale di Igers.Piemonte e Igers.Cuneo ho presenziato (e fotografato) alla preview del GinItaly che si è tenuta a Mondovì nel week-end dell’Immacolata (6-7-8 Dicembre). Il vero festival, che come indica il nome stesso ha aspirazione di carattere nazionale, si terrà a Mondovì dal 31 maggio al 2 giugno 2025; e l’anteprima di questi giorni ha la funzione di avvicinamento al vero e proprio main event (che sarà assolutamente da non perdere).

«Si parla di cultura, non di alcol» specificano subito gli organizzatori.

Io sono riuscito ad essere presente solo nella giornata di domenica, ma devo ammettere che l’evento è stato più che interessante; ho passato quasi tutto il pomeriggio nelle tre stanze dell’Antico Palazzo di Città: tantissimi curiosi, qualche amico, molti bevitori, un gioco di luci non banale (il blu che caratterizza le immagini è il colore ufficiale del festival e delle bacche di ginepro) e una fotografia fra la street e il dettaglio. Ho provato qualche dito di gin, assaggiato tre Gin Tonic e comprato due bottiglie (!): un agrumato e un secco, ma sono regali di Natale ovviamente.

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GinItaly a Mondovì -Preview-
POSTED ON 8 Dic 2024 IN Reportage     TAGS: EVENT

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