
Questi sono i portici di Palazzo Mezzanotte. A Chieti. E’ una foto che ho scattato sabato mattina durante il PhotoCamp teatino e rappresenta perfettamente l’idea che mi sono fatto Chieti. Una bellissima città, antica e sporca. La quantità di scritte sui muri è impressionante, i rifiuti sono sparsi lungo le strade e il parcheggio selvaggio (sulle striscie, sotto i portici) una regola di vita. Chieti (la parte alta) è una città difficile, le strade sono strette, un continuo salire e scendere, vicoli e strettoie. Ma questo è anche il suo fascino. Ho apprezzato tantissimo Corso Marrucino, il salotto buono della città, il teatro omonino e piazza G.B.Vico, molto bella la cattedrale e davvero spettacolare Piazza San Giustino (ex Piazza Vittorio Emanuele II). Affascinante e difficile sono le due parole che rappresentano meglio questa città, una città che fatica a trovare la sua dimensione e che non ha ancora capito le sue potenzialità. Ma assolutamente da vedere.

Sono stata sul London Eye due volte, quando vivevo a Londra. Praticamente l’ho visto costruire e ci sono salita poco dopo l’inaugurazione. La prima volta è stata con un amico e collega, usciti dal lavoro, così per provare, siamo saliti al volo. Era di luglio e mi è parso bellissimo. La seconda con amici in visita, era dicembre, la giornata era splendida ma gelida e una volta arrivati in cima alla ruota il vento fischiava e la navicella trasparente dentro la quale eravamo oscillava come un ciondolo appeso a una collana. Panorama sempre splendido, ma credo di non aver mai avuto così paura come quel giorno. Però, insomma, se ci ripenso, ci riandrei una terza volta.
Foto di/Photo by Samuele Silva – Parole di/Words by Barbara Sgarzi.












Il museo Guggenheim è qualcosa di fantastico. Sono andato a Bilbao (bellissima) per la voglia di fotografarlo dall’esterno. E devo ammettere che l’opera di Frank O. Gehry (autore anche della Dancing House di Praga) è davvero straordinaria. Avevo già visto qualche foto, ma dal vivo è ancora più maestoso. Ho deciso di trasformare le foto da colori ad un bianco e nero molto dinamico e forte, contrastato all’eccesso. Anche un effetto specchio, forse eccessivo, ma mi sembra che l’insieme renda al meglio la mia personale visione del museo.



C’è sempre quel maledetto passo di mezzo, troppo breve e troppo lungo insieme, che ci tiene separati. E io, quando mi trovo nei pressi della sua pausa sigaretta, mi affretto goffamente ad allungarlo, quel passo, di svariati metri. E lo faccio un po’ per timore di essere nuovamente mortificato dal suo sguardo di cortese disappunto. E un po’ lo faccio per me, per provare a me stesso che ho l’orgoglio, io. Ma non conta niente, davvero. Il suo unico passo, il disagio pieno e appuntito di vedermi, mi scaraventa via come una foglia sbigottita e fluttuante in una folata di vento. E se continuiamo ad essere vicini, per colpa di una qualche contingenza capricciosa, in definitiva poi, restiamo sempre lontani. Come su due pianeti. E io su sta cazzo di panchina gelida e capricciosamente contingente, uno sguardo lo lancio, di tanto in tanto, nei pressi della sua pausa sigaretta, ché non posso farne a meno. Come se scrutassi le galassie che intercorrono tra di noi. Distratto da qualche clacson sulle strisce pedonali.
Foto di/Photo by Samuele Silva – Parole di/Words by Sara Taricani.