La chiesa di Sant’Antonio si trova quasi nascosta tra le colline, lungo una strada poco frequentata, una strada di campagna, tutta curve e lontana dal mondo. Non è visibile dalla strada, quindi ho parcheggiato abbastanza lontano e ho iniziato a salire su una piccola, ma ripida, collina. Il terreno era irregolare e pieno di rovi e alberi, e quando sono arrivato in cima avevo il fiatone per la fatica. Nonostante il sole, il freddo era pungente, come se l’aria gelida di febbraio mi volesse tenere ancorato al terreno. Ma appena l’ho vista, tutta stanca e abbandonata, mi sono sentito subito attratto da quel posto solitario (avrei detto, ironicamente, dimenticato da Dio).
Le mura erano rovinate, lesionate in più punti, e il pavimento era pieno di calcinacci e detriti. Il soffitto, invece, era ancora intatto, anche se crepato in alcuni tratti, ma restava sorprendentemente bello. L’interno era sporco e polveroso, ma l’altare, anche se logorato dal tempo, e i dettagli del soffitto decorato si vedevano ancora. La luce del sole filtrava attraverso la porta principale e una laterale, creando un interessante gioco di ombre sulle pietre e sul pavimento. Il silenzio che c’era dentro dava un senso di calma, di pace interiore, come se il tempo fosse sospeso. Non so quanto tempo ancora resisterà, ma quel che resta oggi della chiesa è un pezzo di fede e di passato che, lentamente, sta svanendo.