
Un albero nero (finto) e una pallina rossa granata. La luce di una grande finestra di nuvole e pioggia (niente neve purtroppo), dati di scatto lenti e luminosi, un cavalletto inventato sul momento e il sottofondo di ‘Last Christmas‘ (Glee Version). E il mio più sincero augurio per un bellissimo e felice Natale.

Il copyright è morto? Forse no, ma possiamo tranquillamente affermare che il suo stato di salute non è dei migliori. E’ successo qualcosa che succede sempre: qualcuno ha prelevato da Flickr (il termine rubare non si addice) delle foto protette dal diritto d’autore e le ha pubblicate in rete. Niente di particolarmente strano. Il problema sorge se aggiungo che questo qualcuno è Repubblica, forse il più importante quotidiano italiano. Salto un paio di passaggi e passo direttamente a citare Michele Smargiassi, giornalista di Repubblica, che nel suo blog (Fotocrazia) racconta, con un lunghissimo articolo, del copyright al tempo di internet. Smargiassi definisce la fotografia fluida e giustifica, con una serie di arditi paragoni, l’operato del suo giornale: quello che percepisce il lettore è una via di mezzo fra ‘tanto rubano tutti‘ e ‘stupido tu che pubblichi le foto su Flickr‘. Smargiassi forse non sarà d’accordo con questo mio riassunto, ma il succo della comprensione è proprio questo. Aggiungo però che non ha tutti torti, il mondo e la rete purtroppo funzionano proprio così. Non che sia giusto, ovviamente. In queste ore ho letto tante opinioni sull’argomento (il post su Fotocrazia ha superato i 600 commenti), ma credo che la questione si possa risolvere con una sola, fottuta e semplice parola (e la scrivo maiuscolo): SOLDI. Nel 2010 è assolutamente anacronistico difendere la professione del fotoreporter, le alternative sono troppe, il citizen journalism ha preso il sopravvento e il mondo si evolve. E questo l’hanno capito anche i muri. Però se Repubblica decide di utilizzare delle immagini protette da copyright deve pagare gli autori, non ci sono alternative. E probabilmente anche Flickr dovrebbe evolversi aggiungendo una licenza specifica a pagamento: praticamente diventare un’agenzia di stock. L’autore della foto decide la cifra e chi vuole utilizzare quella specifica immagine paga i diritti (con percentuale a Yahoo, ovviamente). Al volo, come si usa fare ai tempi di internet. L’unica valida alternativa è scegliere una foto non protetta da copyright. Semplice, no?


Te lo ripeto ogni volta che mi rimproveri perchè prendo poco in mano la macchina fotografica. Lo sai come sono. A me piace starmene lì tra la Parigi di Doisneau e il sistema zonale di Adams, ad arrovellarmi con le aberrazioni, il grigio medio e gli equilibri geometrici di Bresson, affascinata da questo mondo così scientificamente creativo. Quando però c’è da scattare mi blocco. Mi spaventa l’idea che gli altri possano vedere il mondo attraverso i miei occhi, che mi leggano dentro. Perchè quello che vedo è diverso da ciò che vede la maggior parte della gente, e sono io quella strana. Che poi non è vero. Sapessi quante foto ho realizzato da quando stiamo assieme. Ho la mia biottica sempre con me, ed è continuamente all’opera. Hai presente quei due grandi obiettivi orlati da lunghi filamenti neri che vedi spesso puntati su di te? Non si fermano un attimo. Come quella domenica di giugno in cui ci siamo persi in collina. Ricordi? Ci siamo messi a correre come due bambini in mezzo ai campi di grano e io, inciampando, sono caduta a terra. Tu mi sei corso incontro, preoccupato che mi fossi fatta male. L’ho scattata mentre ridevo con le gambe all’insù e tu allungavi la mano per aiutarmi ad alzarmi. Hai tolto una spiga che si era infilata nei miei capelli e hai detto: “E’ per questo che ti amo”. Sono stata attenta a tutto. L’inquadratura, la luce che ti baciava il viso, il tempo. In quel momento ho pensato che un istante così perfetto non l’avremmo più avuto. Click. Ecco, guarda cosa è uscito!
Foto di/Photo by Samuele Silva – Parole di/Words by Milo Soardi.

La Lomografia, nonostante la pessima qualità, è tornata prepotentemente in auge nell’ultimo periodo. Merito del digitale, della filosofia, della moda. Devo ammettere che la mentalità Lomo e le sue regole fondamentali (riprese alla grande grazie a Instagr.am) mi affascinano parecchio. E quindi ho provato a giocare su questo dittico di Sara con un’azione PhotoShop che cerca di riprendere le caratteristiche della Lomografia; in questo caso non si parla di filosofia Lomo ma di risultato. E questa è anche l’ultima foto di Sara che pubblicherò. La più irriverente.

Questa foto è particolarmente difficile da capire. E’ stata scattata al termine della giornata, quando ormai le luci del sole non erano che flebili tentativi di resistere al buio. Per evitare l’uso del flash ho chiesto aiuto ad una sensibilità ISO particolarmente alta (500) e alla mia mano, scattando a 1/6 di secondo con apertura F/4. Nessun rispetto per le fondamentali leggi del ritratto fotografico. Eppure mi piace, mi piace per l’espressione di Sara, mi piace per l’accostamento dei colori, mi piace perché difficile da leggere.