L’Urbex consiste nell’esplorare luoghi abbandonati, spesso carichi di storia. Molto affascinanti sono le esplorazioni in case antiche, piene di affreschi, mobili d’epoca e dettagli che raccontano un passato che non abbiamo visto con i nostri occhi, un passato lontano. Ma c’è anche un altro tipo di luoghi abbandonati che trovo altrettanto interessante, quello che riguarda luoghi più recenti, costruiti nell’ultima parte del Novecento. Si tratta di edifici che, pur essendo moderni, conservano un certo fascino retrò e raccontano un’architettura magari superata, ma sempre affascinante.
Quello che mi ha affascinato maggiormente sono i dettagli unici e particolari che si trovano all’interno delle varie stanze. I bagni, per esempio, sono molto intriganti: hanno pareti colorate (tornate in auge negli ultimi anni) e una serie di sanitari storici della Ideal Standard, la sempre eterna Conca, che richiamano lo stile di quell’epoca incredibile. Ma ciò che mi ha veramente sorpreso sono stati i miscelatori, un rubinetto molto speciale, un vero pezzo da collezione. Si tratta della serie Box di Stella Rubinetterie, e parliamo di uno dei primi miscelatori a cartuccia, realizzati per sostituire i vecchi rubinetti con il vitone. Non l’avevo mai visto di persona, ma avevo sentito parlare di questi modelli, che erano molto costosi all’epoca. Questo particolare miscelatore, presente in versione gialla e in versione oro, aggiunge un tocco di lusso e raffinatezza alla casa. Per gli appassionati di design e modernità è un vero gioiello.
Villa Glass non è una di quelle dimore storiche che regalano emozioni dal passato, ma è una casa che lascia una vera testimonianza di un’epoca che, pur non essendo lontana nel tempo, ci sembra distante e impossibile. Il suo fascino, però, rimane assolutamente intatto e ben visibile nonostante lo stato di decadenza e l’abbandono: ammetto che questo tipo di modernità non mi lascia indifferente, perché anche il design moderno può essere di una bellezza senza tempo.
Queste saranno le uniche parole che scriverò per raccontare il progetto White Monday. Un paio di anni fa mi era venuta l’idea di utilizzare lo sfondo bianco e due luci flat a 45 gradi per ritratti in studio, white per il colore dello sfondo, monday perché avrei voluto pubblicare di lunedì. Poi non ho concluso il progetto, mi sono fermato decisamente prima di quanto avevo previsto per diversi motivi (essenzialmente di tempo e di poca convinzione). L’idea era quella di creare qualcosa di simile alle foto in studio di Terry Richardson e più precisamente alla sua serie che definisco spin-off, cioè quella serie di ritratti scattati, quasi casualmente, con espressioni buffe/provocanti/simpatiche a personaggi celebri/famosi. In realtà è stato più complicato del previsto e sono uscito dal percorso che avevo programmato quasi subito. Nonostante le difficoltà credo sia giusto iniziare a pubblicare qualcosa: nel caso di Zara ho lavorato quasi coerentemente all’idea iniziale (credo l’unico caso), scegliendo un solo look e provando qualche immagine spin-off. Si parte, White Monday.
Il proprietario di questa villa, a quanto si racconta, era titolare di alcune cave di roccia nella zona, da qui il nome: Villa Ardesia. In fondo alla casa è ancora presente un vecchio calendario, che permette di riconoscere dove ci troviamo, utilizzando un termine dialettale tipico di queste parti: l’anno è il 1977. La villa è rimasta abbandonata e chiusa per almeno vent’anni. Ho tentato di esplorarla per ben due volte prima di riuscire, la terza, ad entrare.
L’interno, però, era molto diverso rispetto alle immagini che avevo visto. La villa era buia e pesantemente vandalizzata: si respirava umidità e odore di muffa, gli oggetti erano stati spostati, alcuni elementi erano scomparsi: le statuette del presepe non c’erano più. Nonostante il disordine alcuni dettagli importanti erano ancora presenti: una bicicletta rosa da bambina, alcuni peluche, un vecchio telefono che non squilla più. La cucina era ancora bellissima, ma in particolare, mi ha sorpreso la sala principale, con il soffitto affrescato, che un tempo doveva rappresentare il punto di maggior prestigio della villa. Dopo aver finito di fotografare sono uscito in strada, il freddo era pungente, mi sono voltato un’ultima volta verso l’ingresso: considerando la posizione isolata e il degrado avanzato, credo che difficilmente qualcuno tornerà ad occuparsi di questa villa.