Il Castello di S. si trova su una collina che domina il paesaggio circostante. La giornata di fine novembre è limpida, ma il freddo è pungente. Arrivo all’ingresso principale, un grande portone di legno che scricchiola mentre lo spingo per entrare. Non percepisco segnali di vita, ma non mi aspettavo certo di trovare la folla: ad una prima occhiata l’edificio è davvero spettacolare. Il castello ha origini medievali, risalente probabilmente al XIII secolo, e fu ampliato nel corso dei secoli. Oggi, nonostante lo stato di abbandono, il suo aspetto esterno è ancora imponente, con mura di pietra e un corpo centrale a forma di ferro di cavallo. Varcato il portone, entro in un ampio atrio che funge da ingresso, con pavimenti di pietra viva e muri spogli. L’atmosfera è silenziosa, quasi surreale, ci sono evidenti lavori di ristrutturazione, mai portati a termine: ho come la sensazione di poter trovare un operaio intento a lavorare dietro ogni angolo.
Le stanze successive sono simili: solo un ambiente conserva il pavimento originale, non ci sono finestre e la luce diventa un elemento fastidioso. Continuo a esplorare fino a raggiungere una sorta di piano rialzato, dove trovo una cupola affrescata: qui purtroppo i colori sono danneggiati dal tempo e dall’umidità. Mi fermo un momento ad osservare dall’alto e comprendo meglio la situazione di restauro lasciato in sospeso. Non sento l’abbandono, non ho quelle vibrazioni, e decido di lasciare il castello. Il suo fascino è innegabile, ma la situazione qui non può essere definita un vero e proprio urbex; c’è un’idea di rilancio palpabile, ma anche di conservazione, come se l’edificio stesse aspettando il termine dei lavori di ristrutturazione per tornare alla vita.