Nascosta tra le colline del Piemonte, giace una struttura imponente e misteriosa conosciuta nel mondo urbex come La Villa della Grande Muraglia. Questa dimora, una volta maestosa, è ora avvolta dal silenzio e dall’incuria del tempo, ma i suoi interni raccontano una storia affascinante di cultura e bellezza. Appena si varca la soglia d’ingresso della villa, si è accolti da una collezione di oggetti che sembrano trasportare direttamente in Cina. Vasi di porcellana, tra cui alcuni con elaborate scene di combattimento, sono sparsi sui mobili, mentre il celebre maneki-neko, il gatto con la zampa alzata che porta fortuna, sembra ancora invitare la prosperità nonostante la decadenza circostante. Statuine di legno, l’immancabile acqua di Lourdes, piatti di ceramica, una strana maschera indonesiana, insieme a quadri che raffigurano scene di vita cinese, adornano i mobili e le pareti, creando un ambiente che mescola il fascino orientale con l’abbandono occidentale.
Per raccontare questa villa sono dovuto tornare due volte perché la prima non è stata sufficiente: la quantità di oggetti da descrivere è impressionante, ogni porta che si apre nasconde una nuova scoperta, una meraviglia, un’emozione. Ho immaginato il salotto con il camino accesso e la musica uscire dai tasti del pianoforte, ho percepito fra le pareti della sala da pranzo il profumo del minestrone provenire dalla cucina. La Villa della Grande Muraglia non è solo una casa abbandonata; è una capsula temporale che custodisce la fusione di due culture, un luogo dove il tempo si è fermato, lasciando dietro di sé un enigma avvolto nella bellezza e nella polvere.